TTIP è l'ormai noto acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership, in italiano "Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti". Nel giugno del 2013, su mandato dei governi degli allora 27 paesi membri dell'UE, la Commissione Europea, e in particolare il commissario europeo per il commercio, ha avviato i negoziati col Rappresentante degli Stati Uniti per il Commercio. L'accordo potrebbe portare alla creazione della più grande area di libero scambio del mondo, visto che i 28 Stati dell'Ue e i 50 degli USA contano complessivamente 820 milioni di abitanti e producono assieme il 45% del PIL mondiale, oltre a rappresentare circa un terzo del commercio internazionale.

Il fatto - L'idea di creare una grande area di libero scambio transatlantica, da alcuni impropriamente definita "NATO economica", circolava da quasi venti anni ma sono state necessarie la grave crisi economico-finanziaria del 2008 e la rapida ascesa dei cosiddetti BRICS, col conseguente fallimento del Doha Round a causa delle divergenze tra le potenze industriali occidentali e le potenze emergenti ancora prevalentemente agricole, per convincere i principali attori politici e socio-economici delle due sponde dell'Atlantico a dare una spinta per l'apertura di trattative formali. Le principali aree di intervento previste dai documenti tuttora in discussione sono l'abolizione di tutte le barriere alla circolazione di merci e servizi, l'apertura alle imprese straniere delle gare per gli appalti pubblici e la tutela degli investimenti da parte delle imprese stesse.

In particolare, l'attenzione è stata rivolta alla convergenza delle regolamentazioni in settori chiave come l'automobilistico, il chimico-farmaceutico, l'alimentare, l'energetico, le telecomunicazioni e i servizi finanziari, ma anche sull'inserimento del cosiddetto Investor-to-State Dispute Settlement (ISDS), per consentire agli investitori di citare in giudizio i governi presso corti arbitrali internazionali.

I fautori del TTIP pongono l'accento sul potenziale enorme incremento delle esportazioni (i più ottimisti parlano di 187 miliardi di euro di guadagni per l'UE e di 126 miliardi di dollari per gli USA), col conseguente rilancio dell'occupazione, e sui maggiori risparmi per le famiglie derivanti dall'aumento della concorrenza, oltre che sulla possibilità di una ritrovata leadership occidentale in ambito commerciale, spendibile nei negoziati internazionali con le potenze emergenti.

I negoziati - Ma l'iniziale segretezza dei negoziati, l'ulteriore perdita del potere di controllo sulle multinazionali da parte degli Stati e l'impatto dell'eventuale accordo sui diritti di proprietà intellettuale, sugli standard di qualità dei prodotti e sul trattamento dei dati personali hanno scatenato le proteste di associazioni, organizzazioni internazionali, organi di stampa e studiosi, con il lancio di un'iniziativa popolare europea contro il TTIP che ha visto superare il milione di firme il mese scorso.

La risposta della Commissione Europea - La Commissione europea ha risposto con la parziale pubblicazione dei documenti redatti negli otto round finora svolti, l'ultimo a Bruxelles dal 2 al 6 febbraio 2015.

I maggiori ostacoli alla conclusione di un accordo sono però la varietà e l'ampiezza dei temi trattati e i mutati equilibri politici sia negli Stati Uniti, dove alle elezioni di medio termine di novembre la maggioranza dei seggi nel Congresso è passata al partito repubblicano, sia in Europa, dove con le elezioni per il Parlamento europeo dello scorso maggio è avvenuto il passaggio di consegne da Barreto a Juncker alla presidenza della Commissione. L'obiettivo di chiudere entro la fine del 2014 dichiarato inizialmente da Obama e Barroso è stato quindi rimandato, per il momento, al termine del 2015.