In Grecia più di 1.500 persone, con le rispettive famiglie, hanno buon motivo di festeggiare. Il governo di Alexis Tsipras, come promesso, ha riaperto dopo due anni l'emittente televisiva pubblica Ert, riassumendo con effetto immediato più di 1.500 lavoratori, licenziati dal governo Samaras. La chiusura di Ert era avvenuta nell'ambito delle misure di austerità e taglio della spesa pubblica adottate da Adonis Samaras e concordate con la Troika.

Una notizia positiva per un Paese che sta attraversando un momento difficilissimo, certamente tragico: qualche giorno fa era stato denunciato un buco di circa 400 milioni di euro nei conti pubblici, che sembrava mettere a rischio il pagamento di pensioni e stipendi pubblici non solo per il mese di maggio, ma addirittura per aprile.

Alla fine per il mese corrente i soldi si sono trovati, anche grazie al famoso decreto che ha confiscato le liquidità degli enti pubblici, conferendole alla banca centrale ellenica, ricavando circa 1,5 miliardi.

Negli scorsi giorni si era parlato di un possibile "piano B" per la "democrazia ellenica", grazie a circa 4-5 miliardi russi per la concessione di servitù di gasdotto in favore del colosso Gazprom. Alla fine la firma dell'accordo, prevista per il 21 aprile, è slittata a seguito di una procedura per abuso di posizione dominante (violazione della concorrenza) mossa proprio nei confronti di Gazprom dall'Antitrust Ue, che più di qualcuno ha interpretato come una misura "tempestiva" contro la Grecia.

La posizione degli ellenici si è così all'improvviso indebolita ulteriormente, tanto che Tsipras sarebbe stato costretto a ridimensionare - secondo talune fonti a "commissariare" - l'effervescente ministro delle finanze Yannis Varoufakis, ampliando e diversificando la composizione del gruppo partecipante ai negoziati. Ma su questo punto ci soffermeremo successivamente.

I creditori hanno chiesto alla Grecia di fare in fretta, presentando un piano concreto ed articolato di riforme, tale da ritenere credibile l'opera del governo ed al fine di poter erogare l'ultima tranche di aiuti. Tsipras è disposto ad alcuni compromessi, ma non a tanti. In particolare non intende strangolare il suo popolo e dunque non è disposto a tagli di stipendi e pensioni.

Pare vi sia una disponibilità per le privatizzazioni (porto del Pireo ai cinesi per circa 10 miliardi di euro, concessioni demaniali ad imprese tedesche etc.) viste però come un'espansione della proprietà pubblica e statale (i beni rimarranno per lo più in mano pubblica), una riforma fiscale seria che colpisca gli armatori e l'evasione fiscale in generale. Entro l'11 maggio si dovrà arrivare ad una decisione, onde consentire alla Grecia di saldare l'ulteriore debito di circa 800 milioni con il Fondo Monetario Internazionale, che scadrà proprio il giorno dopo.

Referendum

In Grecia si parla anche di referendum, soprattutto nel caso in cui le richieste dei partner dovessero essere insostenibili ed impopolari.

La Grecia dunque potrebbe uscire dall'euro e conseguentemente dall'Ue. Circostanza che anche i greci vorrebbero evitare, ma che potrebbe diventare inevitabile. Anche i negoziatori europei sembrerebbero preparati all'evenienza. Si vocifera di un piano di uscita graduale dall'euro, con il pagamento di alcuni debiti e con il mantenimento di parte degli aiuti per le sole esigenze umanitarie.