La Legge Fornero prevista dal Decreto "Salva Italia" del Governo Monti, stavolta non dovrebbe portare un ennesimo disastro alla casse pubbliche. Si tratta della prevista sentenza della Corte Costituzionale, che avrebbe dovuto stabilire se il ricorso contro l'incostituzionalità del blocco degli aumenti per i dipendenti pubblici. La data fissata per la sentenza era oggi 23 giugno. L'attuale Governo, alle prese anche con la riforma del fisco in studio in queste ore, aveva la preoccupazione che si ripetesse un caso pensioni. Infatti per il blocco dell'aumento delle pensioni previsto sempre dalla Fornero, la Consulta accettò il ricorso condannando il Governo attuale a rimborsare i pensionati che si videro bloccare la perequazione della pensione agli aumenti dell'inflazione ISTAT.

Per gli statali non dovrebbe essere così, la Corte Costituzionale sembra orientata a respingere il ricorso.

Il ricorso degli statali:

Ai dipendenti del settore pubblico impiego, la Legge Fornero ha di fatto congelato lo stipendio dal 2010 al 2015. In questo lasso di tempo lo stipendio di questi soggetti è rimasto inalterato non adeguandosi alla cosiddetta perequazione, ossia all'allineamento dello stipendio con l'aumento del costo della vita. Il ricorso batte sulla presunta incostituzionalità del blocco in riferimento all'articolo 36 della Costituzione che recita testualmente che "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

Perché la corte dovrebbe respingere il ricorso:

La verità legale è che nessuna legge prevede obbligatoriamente l'aumento dello stipendio. E' comunque vero che lo stipendio dovrebbe prevedere un minimo tabellare, quello che di norma si inserisce nei vari contratti collettivi (c'è ne uno anche nel pubblico impiego) che nascono dalle contrattazioni tra sindacati di categoria e datori di lavoro.

La Corte Costituzionale, magari influenzata dai continui avvertimenti giunti dal Governo sulle possibili conseguenze che avrebbe una ennesima sentenza di condanna (34 miliardi di euro tra rimborsi e adeguamenti), sembra orientata, stavolta a dire di no. Passerà (e forse è giusto così) la tesi che gli stipendi degli statali sono proporzionali a quantità e qualità del lavoro e sono tali da assicurare a loro e alle loro famiglie stili di vita dignitosi.

La tesi sarà sicuramente sostenibile paragonando gli stipendi ed il lavoro degli statali a quelli degli altri lavoratori dipendenti.

Alla fine cosa accadrà:

Come abbiamo detto, la Consulta dovrebbe respingere il ricorso, il Governo non dovrà pagare arretrati e rimborsi vari, ma un obbiettivo per gli statali dovrebbe essere comunque raggiunto. Infatti la storia porterà sicuramente il Governo a sedersi al tavolo delle trattative con i sindacati di categoria per rivedere il contratto del pubblico impiego, da troppo tempo fermo ai box. Come dire, "ed alla fine vissero tutti felici e contenti".