Sui buoni pasto che vengono immessi sul mercato i committenti, siano questi pubblici o privati, ogni anno pretendono uno sconto che ammonta complessivamente in controvalore a ben 500 milioni di euro. Questo è quanto, tra l'altro, ha messo in evidenza il vicepresidente vicario della Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano, sottolineando come di conseguenza la situazione sia insostenibile. Questo perché questo corposo sconto, un vero e proprio 'morso' da 500 milioni di euro l'anno, a pagarlo sono i lavoratori ed i consumatori visto che spesso i margini degli esercenti tendono ad azzerarsi e visto che, di conseguenza, l'unica soluzione percorribile per cercare di andare avanti è quella di abbassare la qualità del servizio oppure di alzare inesorabilmente i prezzi.

In altre parole secondo la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi è necessario andare a riscrivere le regole, altrimenti il sistema rischia a questo punto seriamente di saltare. Tre in particolare, secondo la Fipe, sono le criticità da rimuovere e, quindi, da superare: in primis occorre fare in modo che ci sia un terminale Pos unico in grado di leggere tutti i buoni pasto; serve poi eliminare i ribassi insostenibili sui buoni pasto mantenendo l'integrità del loro valore lungo tutta la filiera.

La terza criticità è rappresentata dall'uso corretto dei buoni pasto in quanto secondo la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi vanno utilizzati solo ed esclusivamente per i servizi di ristorazione e, in generale, per il consumo immediato e non da utilizzare con la stessa fungibilità del denaro.

Il passaggio dai buoni pasto cartacei a quelli elettronici, tra l'altro, non sembra aver cambiato le carte in tavola visto che proprio Aldo Cursano ha spiegato che i 'costi del buono elettronico sono fuori da ogni logica di mercato', e che questi sono 'scaricati interamente sull'esercente' che, tra l'altro, per poter accettare tutti i buoni pasto presentati dai clienti ad oggi deve tenere installati ed attivi 4-5 terminali Pos differenti.