Sebbene la storia sul quel decreto 'salva banche' portato alla luce il 22 novembre sia stata raccontata più e più volte, alcuni retroscena stanno venendo alla luce solo adesso. I fatti dimostrano come non sia stata Bruxelles ad impedire l’utilizzo del Fondo di garanzia dei depositi come strumento di salvataggio. Bruxelles infatti ha pubblicato come prova la lettera inviata al ministro Padoan il 19 novembre prima che il Governo prendesse la decisione di mandare in fumo i bond degli obbligazionisti subordinati. La missiva inviata dai commissari Vestager e Hillin non parlava di azzerare i crediti degli obbligazionisti che detenevano bond subordinati.

I commissarie Ue auspicavano solamente una soluzione di mercato per ridurre al minimo l'intervento pubblico, il quale altrimenti sarebbe stato considerato un aiuto di Stato e dunque avrebbe fatto scattare il piano di risoluzione, con l’applicazione della direttiva BRRD.

La lettera di Bruxelles e la valutazione dei crediti a rischio

Il Governo è stato dunque lasciato libero di sceglier se utilizzare il Fondo di Garanzia sui Depositi o il piano di risoluzione che prevedeva l'applicazione della direttiva BRRD. Dopo giorni di discussioni l'Esecutivo ha scelto il piano di risoluzione. E' stato dunque emanato il Dl salva banche n.183 che però non ha salvaguardato gli investitori di obbligazioni subordinati come prevedeva la stessa Direttiva europea.

E' ciò perché agli stessi si impedisce di proporre eventuali azioni di responsabilità nei confronti dei vertici e amministratori delle vecchie banche fallite. Queste azioni di responsabilità potranno essere proposte solo dai commissari che hanno avviato la procedura di liquidazione. Molti esperti del settore nell'esaminare i crediti deteriorati delle bad bank a cui il Governo-Bankitalia-Ue hanno dovuto dare una valutazione, si sono chiesti su quali parametri essa sia avvenuta.

Tali crediti infatti sono stati ridotti da un valore complessivo di 8,5 miliardi ad uno di 1,5 miliardi, così da poter esser venduti più velocemente e facilmente. Più nello specifico è stato stabilito in 18 centesimi il valore medio dei crediti in sofferenza o Npl (Non Performing Loan) conferiti alle bed bank non tenendosi però conto del fatto che la media in Italia dello stock di Npl in realtà è di 40 centesimi per euro.

Bad bank: vecchi obbligazionisti e le lacrime amare

Il Governo ha poi previsto che la bad bank avrà il compito di vendere i crediti deteriorati (iscritti in bilancio per 1,5 miliardi e non per 8,5 miliardi) cedendoli a società specializzate nel recupero crediti ad un valore del 17,64 % più basso rispetto a quello originario. Ma che cosa accade se, dalla vendita dei crediti a rischio, si recupera più di questo 17,64 %, realizzandosi quindi una somma maggiore di quei 1,5 miliardi? Diritto e giustizia vorrebbero che l’eventuale plusvalenza vada a rimborsare almeno in parte gli obbligazionisti subordinati. Ma non sarà così perché la plusvalenza, se ci sarà, sarà incassata dalle nuove banche e quindi dai nuovi azionisti e obbligazionisti che festeggeranno alla faccia dei vecchi obbligazionisti traditi.

C’è da dire che anche il fattore tempo ha giocato un ruolo fondamentale, più precisamente mentre il Governo ha agito tardi rispetto ad una situazione di grave dissesto delle quattro banche che si trascinava da anni, viceversa è stato costretto a prendere decisioni in fretta e furia senza valutare bene come effettivamente tutelare gli obbligazionisti che piangeranno lacrime amare.