Il Fondo monetario internazionale, e noi con loro, ce lo aveva detto già un paio di mesi fa, con un rapporto di 83 pagine contenente dati e considerazioni sullo stato dello sviluppo economico e politico del nostro paese: la ripresa dell’italia dalla crisi è lenta e costellata di rischi; serviranno altri dieci anni perché si torni ai livelli precedenti al 2008, anno in cui il paese cadde nel baratro. Ora che l’estate sta finendo e il clima vacanziero svanisce lo riconosce anche il governo, nella persona del suo ministro dell’Economia, il quale si trova costretto ad annunciare la revisione al ribasso sulle stime di crescita dell’economia italiana.

Lui, Pier Carlo Padoan, che proprio in piena estate aveva parlato di “percezione distorta e infondata” e di “poche criticità specifiche” riguardanti il nostro sistema bancario, indicato come uno dei punti deboli dell’economia del Belpaese, assieme alla disoccupazione e al debito pubblico. E quindi?

Renzi, Philips e gli altri

C’è chi dice che ogni male non viene per nuocere. Una volpe come Renzi questo lo sa bene e a suo indiscusso favore gioca l’uscita dell’ambasciatore Usa Philips circa l’opportunità che vinca il Sì al referendum costituzionale in Italia, come molla per attrarre investimenti esteri nel nostro paese, in ragione di una maggiore stabilità di governo. Reazioni e polemiche a parte, questa uscita può essere letta come un assist al governo del “fare”, nel momento in cui egli stesso riconosce che “si può fare di più”, ammettendo che in effetti l’economia italiana cresce meno delle previsioni.

Crescita zero nel secondo trimestre del 2016, ipotesi concreta che a fine anno il livello del Pil sia il medesimo del 2015, cioè 0,8%. Ritmo inferiore agli altri paesi dell’Eurozona, e banche più esposte agli shock economici. L’Fmi stima una crescita leggermente superiore per il 2017, che sarà ancora al di sotto delle aspettative.

Cercasi rimedi, in un quadro che comunque mostra anche qualche segnale incoraggiante, come i dati sulla disoccupazione (tasso sceso dello 0,2% a luglio secondo l’Ocse), ma nell’interesse del governo, e Padoan è lesto nel farlo, non guasta affatto sponsorizzare il Sì al referendum che si terrà in autunno per generare un impatto positivo sulla nostra economia.

Tutto il nero che avanza

Fresco e puntuale, ma non come una rosa. Piuttosto come un fardello, che, negli intenti dei promotori, dovrebbe trasformarsi in una leva di cambiamento. Tanto che si sta pensando alla possibilità di elaborare un conto satellite per contrastare l’economia sommersa in Italia. Quella che, secondo l’ultima analisi emessa dall’Istituto nazionale di statistica, è in costante crescita negli anni dieci. Oggi vale, messa insieme alle prestazioni illegali, oltre 206 miliardi di euro, attestandosi nel 2013 al 12,9% del Pil. Le rilevazioni dell’Istat concernono anni in cui la crisi batteva forte e, di conseguenza, ha fomentato la crescita del nero. Ma proprio alla luce dei numeri emersi, lo stesso istituto mira ad approfondire la conoscenza del fenomeno la comprensione delle sue dinamiche finalizzata alla elaborazione e implementazione di efficaci politiche di contenimento e riduzione.

Il conto satellite è un sottoinsieme di informazioni aventi lo scopo di aggregare le voci che definiscono, direttamente o indirettamente, il settore oggetto di analisi. Ne esiste uno per il turismo, ad esempio, ma per il mercato nero l’operazione si presenta assai più ardua, per quanto utile e auspicabile.