Il Financial Stability Board ha aggiornato l'elenco delle istituzioni finanziari di rilevanza sistemica e anche quest'anno l'unico istituto italiano della lista è Unicredit.

La banca italiana si trova nel segmento più basso della classifica, tra gli intermediari ai quali viene richiesto l'1% di capitale aggiuntivo con riferimento all'indicatore di solidità Common Equity Tier 1.

Il significato della classifica

Agli istituti inclusi nella lista, viene richiesto una dotazione di capitale e una serie di requisiti di solidità aggiuntivi rispetto agli standard di mercato perché, a causa delle loro dimensioni e presenza internazionale, una loro eventuale situazione di dissesto potrebbe avere ripercussioni sull'intero sistema finanziario globale.

I requisiti aggiuntivi, secondo il comunicato dalla Banca per i Regolamenti internazionali includono, oltre alla disponibilità di un buffer di capitale aggiuntivo che è il principale anche aderenza agli standard TLAC (Total Loss Absorbing Capacity) individuati da Basilea III, un piano di risoluzione aggiornato regolarmente e funzioni di risk management e governance più articolati rispetto agli standard accettati dalle autorità di sorveglianza.

La classifica individua 5 segmenti caratterizzati da un differente requisito di capitale aggiuntivo CET 1 variabile dall'1% della fascia bassa in cui si trova Unicredit fino al 3,5% (segmento attualmente vuoto).

La salute di Unicredit

La conferma dell'inserimento della classifica non costituisce un elemento nuovo, sebbene la permanenza in lista non fosse scontata, in considerazione della significativa riduzione della capitalizzazione di borsa dell'istituto e del graduale declino dell'italia in termini di prodotto interno lordo rispetto all'economia mondiale.

Cionondimeno, la rilevanza sistemica costituisce un elemento di complicazione nel delicato processo operazione di consolidamento dell'istituto milanese e dell'intero sistema bancario italiano.

Unicredit, infatti dovrà far fronte ad un amuento di capitale la cui entità sarà resa nota dopo il referendum, ha in corso un progetto di dismissione delle sofferenze per circa 20 miliardi (in linea con altre operazioni analoghe di dimensioni minori in corso sul mercato) e sta finalizzando altre operazioni in partecipazioni per le controllate Pioneer, FIneco e Bank Pekao.