Semaforo verde per il ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) che, con 408 voti a favore, 33 astenuti e 254 contrari, a partire dal prossimo aprile regolerà il libero scambio tra i paesi membri dell’Unione Europea e il Canada.

I partiti a favore e quelli contrari

Se i social-democratici e i Conservatori si sono detti favorevoli al trattato, il Movimento 5 stelle e la Lega Nord hanno espresso i loro dubbi riguardanti la possibile perdita del lavoro per migliaia di persone e la poca protezione dei consumatori. Il segretario del Carroccio Matteo Salvini, in particolare, ha sottolineato il proprio dissenso dichiarando: ”il CETA mette a rischio migliaia di posti di lavoro e rischieremo di mettere sulle nostre tavole della carne contenente ormoni”.

A tal proposito è intervenuto anche Roberto Moncalvo della Coldiretti: “va riservata all’agroalimentare una specificità che tuteli la distintività della produzione e possa garantire la tutela della salute, la protezione dell’ambiente e della libertà di scelta dei consumatori”.

Di tutt’altro avviso è il premier canadese Justin Trudeau che commenta così l’approvazione (per ora, solo provvisoria) del concordato: “si tratta di uno degli accordi commerciali più sostenibili e progressisti del mondo. Vogliamo fare tutto ciò che è più giusto per i lavoratori e per le famiglie. Il CETA, inoltre, rappresenta una grande opportunità per le generazioni future.”.

L’accordo è stato sviluppato, seppur con poca chiarezza, tra il 2009 e il 2014 e ha visto la firma tra le due parti solo il 30 ottobre 2016.

Il ritardo dell’approvazione è stato causato dalla ferma opposizione della Vallonia, una delle tre regione del Belgio, che, grazie al suo ministro presidente Paul Magnette è riuscita ad ostacolare per diversi giorni il via libera all’accordo che porterà, secondo i sostenitori, un vantaggio economico di circa 5,8 miliardi di euro.

Il leader del partito socialista belga, infatti, non si è definito un oppositore ma pretende delle garanzie in merito alle norme sociali, ambientali, dei diritti umani e della protezione del singolo consumatore.

Cosa comporta, dunque, il CETA?

Il punto cardine su cui si basa il trattato è l’eliminazione del 90% (fino al 92% nei prossimi 7 anni) dei dazi doganali che finora erano presenti tra i paesi chiamati in causa dal trattato.

Non solo. In linea con il TTIP (stessa tipologia di accordo che vedeva protagonisti l’UE e gli U.S.A) il CETA prevede un sistema (ICS – Investment Court System) con cui ogni azienda o multinazionale può portare alla sbarra, davanti ad una corte internazionale, il paese che legifera contro i propri interessi. Applicando tale principio, si rischia di assistere nuovamente a casi in cui grandi compagnie commerciali private chiedono risarcimenti da capogiro ad uno stato colpevole solamente di difendere i propri cittadini (vedi caso Eli Lilly contro Canada dopo la firma del NAFTA).

Ad operare nei mercati europei non saranno solo le imprese originarie del Canada ma anche le società statunitensi che hanno sedi o filiali nel territorio canadese.

Per l’approvazione definitiva si dovrà attendere il consenso dei parlamenti degli stati membri (28 nazionali e 10 regionali) che presumibilmente avverrà entro la fine dell’anno.

Resta da vedere se il CETA porterà effettivamente ad un vantaggio economico per gli stati interessati o se sarà l’ennesimo escamotage che le multinazionali useranno per aumentare i propri profitti a discapito dei singoli consumatori.