Lo sapevamo già, anche solo inconsciamente, ma ora è certificato: l'evasione fiscale, come anche l'elusione fiscale e la corruzione dilagante nel nostro paese sono una zavorra molto pesante per la crescita economica. Non è un'affermazione sensazionalistica di qualche novello giornalista, o di qualche movimento populista; ma il risultato del lavoro svolto dalla Commissione per la redazione della "Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva" presieduta dal professor Enrico Giovannini dell'Università Tor Vergata, economista ed ex Ministro, e che ha completato i lavori a settembre 2016.

La Relazione mette in evidenza come, negli ultimi anni, si sia ampliato il cosiddetto tax gap, cioè Il differenziale fra le tasse che si dovrebbero pagare e quelle effettivamente pagate. E l'importo non è poi così modesto, in quanto, la relazione lo stima a 110 miliardi di euro, in media, nel periodo 2012 - 2014. Quindi, possiamo ragionevolmente presumere che, ad oggi, sia ancora maggiore.

Ciò che colpisce, poi, sono i settori dove, sempre secondo la relazione, questo gap è maggiore. In cima alla classifica dell'evasione, infatti, ci sarebbero i servizi alla famiglia, come colf e badanti, la cui percentuale di evasione si aggira intorno al 30% e a seguire il commercio con il 26%. Ma anche il lavoro autonomo e il reddito d'impresa non sono da meno.

Nel 2014 il loro tax gap era del 59%. E, ovviamente, fa notare la relazione "i settori dove maggiore è l'evasione sono i settori a più bassa crescita di produttività".

È necessaria una maggiore lotta all'evasione ma anche un abbattimento del cuneo fiscale

La relazione mette in evidenza come, rispetto al contrasto all'evasione, nel solo 2015, l'Agenzia delle Entrate abbia accertato circa 14,9 miliardi di imposte evase.

Ma di queste, solo 0,3 miliardi sono il risultato di dichiarazioni spontanee di ravvedimento dei contribuenti. In questo sono stati fondamentali sia i nuovi strumenti di intelligence e telematici messi a punto, nonché la valorizzazione del patrimonio informativo contenuto nelle banche dati finalizzata a controlli sempre più mirati e selettivi.

Inoltre anche le altre Agenzie, come quella delle Dogane hanno potenziato e migliorato il loro contributo di lotta all'evasione e alle frodi fiscali.

Inoltre è stato predisposto che la Guardia di Finanza, nell'ambito delle sue competenze, potenzi il proprio contributo nei vari ambiti di contrasto all'evasione fiscale.

Certo, molto è stato fatto, ma molto è ancora da fare, soprattutto perché quel dato di soli 0,3 miliardi imputabili a ravvedimenti spontanei, porta a pensare che la lotta senza quartiere all'evasione è solo un lato della medaglia. L'altro, certamente, è costituito da un forte abbassamento della pressione fiscale, che oggi, almeno in Italia, può definirsi eccessiva in tutti gli ambiti.

E questo si può raggiungere anche reimmettendo direttamente nell'economia reale, il più in fretta possibile, quanto recuperato dell'evasione, abbattendo sia l'imposizione sulle persone fisiche che sulle imprese e anche, possibilmente, sui redditi da capitale. Almeno se finalizzati, questi ultimi, ad essere reinvestiti per lo sviluppo di nuove attività.

In questo modo si può contribuire in maniera sostanziale alla ripresa economica di questo Paese.