I siti online dei maggiori quotidiani italiani tra cui Repubblica e il Fatto Quotidiano riportavano ieri la notizia, basata su un report di Oxfam, che le maggiori banche europee, tra cui anche le nostre Intesa San Paolo e Unicredit, farebbero profitti straordinari nei paradisi fiscali offshore grazie al minor peso della tassazione e a norme meno stringenti sulla trasparenza.

Lo studio di Ofxam mette anche in evidenza che la maggioranza di questi profitti vengono realizzati, in alcuni casi, senza la presenza o con una presenza minima di dipendenti, pari in media al 7% soltanto del totale.

E dato che, in questi paesi, come il Lussemburgo, viene realizzato più del 26% dei profitti degli istituti di credito interessati, lo studio Oxfam conclude che, dietro a questi extraprofitti debba esserci, necessariamente, una qualche forma di elusione.

Analizzando ancora più approfonditamente i dati, che oltretutto sono pubblici in quanto basati su informazioni fornite dalle banche stesse alla Banca Centrale Europea sulla base della Direttiva 2013 sui requisiti patrimoniali, si scopre anche che i profitti realizzati in questi paradisi fiscali sono superiori ai fatturati, cosa che, secondo l'Ong, dimostra anche più chiaramente l'intento elusivo.

Se i dati sono pubblici cosa fanno le nostre autorità di vigilanza?

Quindi, la domanda sorge spontanea, dato che questi dati sono pubblici e disponibili almeno, diciamo, dal 2014, cosa hanno fatto finora le nostre autorità di vigilanza bancaria? Se una Ong è riuscita ad estrapolare questi dati giungendo a conclusioni che attualmente sembrano incontrovertibili, i casi sono due: O nello studio viene commesso un grossolano errore di analisi, ma a prima vista non sembra essere così.

Oppure, le nostre autorità di vigilanza bancaria sono oberate da un carico di lavoro così grande che non hanno avuto ancora la possibilità di analizzare e verificare tutti i dati.

La cosa che però lascia perplessi e un po' con l'amaro in bocca è la consapevolezza che molte di queste banche hanno usufruito degli aiuti di Stato per essere salvate e, in molti casi, di forme di flessibilità estrema del lavoro nei loro paesi di origine.

Gli stessi paesi che hanno aumentato le tasse per poter trovare i fondi per salvarle e dove questi istituti presentano, a volte, conti in profondo rosso.

Ecco perché, a parere di chi scrive è necessario, anzi indispensabile, un potenziamento delle funzioni di vigilanza delle autorità preposte, in primis la Banca d'Italia, indirizzando dovutamente le risorse sia umane che di capitale e un coinvolgimento ,a questo scopo, anche di personale scelto e qualificato della Guardia di Finanza.

Anche perché delle Banche sane sotto tutti gli aspetti, e che svolgono la funzione loro propria, di intermediazione del credito verso la società civile, rappresentano il motore principale dell'economia.