Le grandi società finanziarie della City di Londra, probabilmente, hanno sottostimato se non proprio sottovalutato in maniera piuttosto grossolana l'impatto che la Brexit avrà sui loro risultati economici nazionali. Se prima si pensava, infatti, che l'uscita dalla Comunità Europea sarebbe stata soft, se non proprio indolore, ora molti nodi stanno venendo al pettine e molti conti in sospeso si stanno regolando, tanto che lo scenario di una Hard Brexit, sta spaventando, e non poco, gli operatori, che, tradizionalmente, preferiscono scenari meno turbolenti e più stabili.

Il problema vero, per le aziende di intermediazione finanziaria inglese, che includono tra le loro fila colossi tipo i Lloyds, per citare solo i più famosi, è che con la Brexit, se non si troveranno altre forme di collaborazione o di accordo con l'Unione Europea, queste si troveranno completamente escluse dal più grande mercato mondiale dopo Stati Uniti e Cina; ma sopratutto da un mercato dove avevano, fino ad oggi, instaurato rapporti, messo radici, avviato collaborazioni in alcuni casi secolari. Di conseguenza, per non perdere questa sorta di 'avviamento', i grandi colossi si stanno preparando ad una grande operazione di delocalizzazione finanziaria a tutto danno dell' economia interna del Regno Unito.

Ma anche una delocalizzazione massiccia ha i suoi risvolti negativi.

Perché non è possibile abbandonare del tutto la City?

Prima di tutto, la madrepatria inglese garantisce un regime fiscale nettamente più favorevole rispetto ai diretti concorrenti, quali potrebbero essere Parigi o addirittura Milano, e questo fatto è sicuramente ben presente nei pensieri del management delle grandi finanziarie. Per non parlare dei vari lacci e lacciuoli della burocrazia, sopratutto italiana.

Proprio per questo il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha esortato a cambiare passo, sotto questo aspetto, affinché Milano possa diventare maggiormente attrattiva per gli investitori esteri.

La deadline fissata al 2018 e le grandezze in gioco.

Dato che, comunque, il processo di uscita dalla Comunità Europea è piuttosto articolato, c'è tempo fino alla fine del 2018 per poter trovare un compromesso tra le parti che salvi, come si dice, capre e cavoli.

D'altra parte, secondo quanto riportato su International Business Times sono più di 5000 le aziende finanziarie inglesi che operano in Europa per un giro d'affari di più di 9 miliardi di dollari. Secondo alcuni commentatori e società di consulenza questo mette in forse i futuro di oltre 30mila addetti ai lavori. Jp Morgan, Lloyds, Goldman Sachs, ma anche HSBC o Barclays stanno o valutando l'ipotesi di uno spostamento o hanno già dato il via al trasloco.

Comunque, come dicevamo, le piazze europee, specie Milano devono attrezzarsi in fretta per poter attrarre veramente questi grandi colossi. Se così non sarà, sostituire Londra come polo finanziario europeo sarà molto difficile. Milano, anche in virtù della partnership con Londra, avrebbe le carte in regola per diventare il nuovo polo finanziario europeo, ma è necessario che il Governo Gentiloni intervenga pesantemente su tassazione, burocrazia e giustizia, ma visti i tempi biblici della politica italiana le speranze sono flebili.