Ancora una volta l'Istituto centrale di statistica fotografa la situazione dell'Italia con la presentazione del venticinquesimo Rapporto annuale - di 279 pagine - che analizza la struttura sociale del Paese attraverso il raggruppamento in gruppi di appartenenza. I dati che emergono sono molto preoccupanti, spariscono le classi degli operai e della piccola borghesia. In questo nuovo rapporto l'ISTAT colloca al primo posto le famiglie di impiegati - 12,2 milioni di individui - , al secondo le famiglie degli operai in pensione - 10,5 milioni di individui - , al terzo le famiglie a basso reddito di soli italiani - 8,28 milioni di individui.

Questo ultimo dato, in un paese che avanza al rallentatore, è piuttosto preoccupante e mette in evidenza - se ce ne fosse ancora il bisogno di sottolinearlo - che al primo posto dell'agenda governativa deve essere messo il lavoro. Bisogna creare opportunità lavorative, solo chi può contare su delle entrate stabili può permettersi di spendere mentre nel caso opposto si rallenta al massimo ogni tipo di consumo.

Crescono e si accentuano in questo modo le disuguaglianze - il 40% della popolazione non può nemmeno permettersi di fare sport - , il Paese è abitato sempre di più da anziani, e 7 giovani su 10 - nati tra gli anni ottanta e il duemila - sono costretti a vivere in casa con i genitori. Un altro dato emerso dal rapporto, molto preoccupante dal punto di vista sociale, è che il 6.5% della popolazione italiana deve rinunciare a curarsi per problemi economici.

Tra i gruppi individuati a basso reddito rientrano anche le famiglie degli stranieri, quelle formate da anziani soli e giovani disoccupati, le famiglie della provincia che sommano - tutte assieme - 22 milioni di individui. Emergono in questo gruppo forti disuguaglianze rispetto agli altri individuati dall'Istat, non solo dovute al reddito ma anche alla residenza territoriale e spesso anche al basso profilo culturale.

Tra i gruppi definiti benestanti rientrano le famiglie degli impiegati, quelle dei pensionati definiti d'argento, cioè quelle persone che percepiscono assegni pensionistici di tremila euro lordi ogni mese e la classe dirigente che sommano un totale di poco superiore ai 22 milioni di individui. Le famiglie degli impiegati vivono in preferenza in aree geografiche del centro-nord e partecipano attivamente alla vita sociale e politica del Paese.

Le famiglie che appartengono al gruppo delle pensioni d'argento sono formate generalmente da ex imprenditori o ex dirigenti non laureati e producono buoni consumi anche culturali e spesso si distinguono anche per un forte impegno nel sociale. Infine, le famiglie della classe dirigente che hanno redditi del 70% superiori alla media nazionale e detengono più del 12% del reddito totale sono formate generalmente da dirigenti, imprenditori, quadri laureati con significative partecipazioni nella vita politica e sociale. L'aspetto culturale di questo ridotto gruppo di persone tende a rivolgersi ovunque.

Con questo ultimo rapporto l'Istat ha elaborato una grandissima mole di dati raggruppando i nuovi gruppi sociali e differenziandoli non solo dal punto di vista reddituale, mappando quindi solo le disuguaglianze e la distribuzione della ricchezza, ma ha voluto fornire dati e analisi anche inserendo nuovi e importanti parametri. Speriamo che questi dati siano analizzati e discussi seriamente per cercare di colmare queste profonde disuguaglianze che attualmente sono presenti nel Paese.