Mentre la Campania si prepara ad accogliere nuovamente il maestro Ennio Morricone e a Monza si sono da poco conclusi gli iDays, in Francia si è discusso del futuro del settore creativo a livello europeo. Poco dopo il famoso festival cinematografico, si è tenuta a Cannes l'edizione 2017 del midem, fiera internazionale dell'industria della musica. L'evento si è presentato con la tradizionale ottica B2B, rivolta principalmente ai professionisti del settore: il target è prevalentemente tecnico, la maggior parte di forum, meeting e keynote che lo animano riguardano soprattutto i differenti approcci alla produzione musicale e alle nuove tendenze del mercato, soprattutto a seguito degli sconvolgimenti causati dall'avvento della tecnologia.

Tra le principali novità, si è discusso dei nuovi studi riguardanti la catena del valore in ambito creativo presentati dalla KEA (compagnia di Bruxelles che si occupa di ricerca e consulenza per l'industria culturale e creativa).

La ricerca KEA 2006

Gli studi sono una naturale continuazione dell'innovativa ricerca che la stessa KEA lanciò nel 2006. L'idea nacque dalla considerazione che il mercato dell'industria creativa, soprattutto quello della musica, fu tra i primi e più colpiti dall'avvento della distribuzione digitale. Tra i dati di principale impatto (considerando anche gli anni successivi alla prima ricerca) si registra, nei 15 anni tra il 2000 e il 2015, il crollo del 60% delle entrate provenienti dalla vendita di supporti fisici.

Questa spaventosa discesa ha mutato radicalmente i vari apporti e la struttura stessa della catena del valore in ambito creativo e agevolato (forse forzandolo) il passaggio da un modello di business incentrato sulla proprietà (che valutava principalmente le vendite su supporti fisici) ad uno basato sugli “accessi” (e legato a sistemi quali, ad esempio, lo streaming): quello musicale è stato tra i settori trainanti nella creazione di un rapporto vincente con la nuova distribuzione digitale, riuscendo a trovare una propria dimensione e sfruttando consistentemente le possibilità di presenza e di monetizzazione offerte da questi nuovi paradigmi.

Lo studio si sofferma, tra le varie analisi, sul ruolo centrale che le regolamentazioni (comunitarie prima e nazionali poi) possono svolgere per sostenere la competitività del settore. Si calcola che, a livello aggregato europeo, l'industria di riferimento garantisca il 3,8% dei posti di lavoro totali (con 8,3 milioni di lavoratori) con un apporto al GDP (Gross Domestic Product, equivalente al PIL italiano) pari al 4,4%.