Da oggi le banche e gli istituti di credito nazionali potrebbero essere chiamati a dover risarcire i propri clienti in caso di scambio d'identità. Con la sentenza n° 3539 del 13 luglio 2017, infatti, la Corte d'appello di Napoli ha ridefinito i contorni del concetto di responsabilità contrattuale in capo agli istituti di credito, quale parte più forte nel rapporto sorto con il contratto di conto corrente.

In estrema sintesi, la Corte ha statuito che l'Istituto di credito che rilascia un libretto di assegni, che poi, si presume, verranno tratti sullo stesso o altri istituti di credito, sulla base della fotocopia di un documento d'identità poco leggibile, è responsabile e, quindi, deve rispondere del danno arrecato.

Questo, in quanto, avendo omesso le verifiche più elementari, necessarie per accertare l'identità del titolare del rapporto di conto corrente , la banca è venuta meno al dovere di diligenza necessario al tipo di attività esercitata.

I fatti alla base della sentenza

La Corte d'appello di Napoli si è trovata di fronte il caso di un uomo che, sfruttando la sua omonimia con un suo cugino ha aperto, a nome di quest'ultimo, un rapporto di conto corrente facendosi rilasciare un libretto di assegni. Utilizza poi il libretto, emettendo diversi titoli senza la necessaria copertura finanziaria. Di conseguenza, gli assegni vengono protestati.

Il cugino, accortosi dello scambio d'identità, cita la banca in giudizio per ottenere il risarcimento del danno e la rettifica delle segnalazioni alla Cai.

Viene appurato che, in sede di apertura del rapporto, erano state utilizzate fotocopie del documento d'identità poco leggibili.

In primo grado la richiesta di risarcimento era stata rigettata. Ma, il danneggiato propone appello in forza del fatto che, a suo modo di vedere, il promotore finanziario che aveva istruito la pratica era stato estremamente superficiale, in particolare, raccogliendo un documento d'identità con data di nascita differente rispetto a quella indicata sulla copia fornita gli è dal quale non era possibile vedere il volto del titolare, in quanto la foto era oscura.

La decisione della Corte d'appello

La Corte d'appello di Napoli, diversamente dal giudice di primo grado, accetta il ricorso del danneggiato e, anzi, ravvisa una responsabilità da parte dell'idell'Istituto di credito. Il direttore di filiale, infatti, una volta rilevata l'omonimia, avrebbe dovuto prestare una cautela maggiorata nell'apertura del conto corrente e nel rilascio del libretto di assegni.

Questo, anche e soprattutto, in relazione alla particolare attività esercitata nel caso specifico, cioè l'attività di banca.

Di conseguenza, la banca è stata ritenuta responsabile di danno in solido con il cugino truffatore. E, questo, in forza di una responsabilità extracontrattuale per il mancato rispetto della dovuta diligenza. La Corte d'appello di Napoli ha, inoltre, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione dell'onore e della reputazione dell'interessato.