Non siamo ancora usciti del tutto dalla più grande crisi economica e finanziaria del dopoguerra che il Fondo Monetario Internazionale, nelle pieghe del suo "World Economic Outlook" - il documento in cui si tracciano le previsioni del Fondo sull'economia mondiale e su quella dei singoli Paesi - mette in guardia contro il rischio concreto di una nuova crisi finanziaria mondiale forse peggiore della precedente.

Una parte importante del World Economic Outlook è costituita, infatti, dal Global Stability Financial Report, il rapporto sulla stabilità finanziaria globale.

Per quanto si dice in questo documento, anche se la situazione, a livello globale, è nettamente migliorata, alcuni indicatori economici inizierebbero a dare segnali preoccupanti, tali da far temere una prossima crisi.

Gli aspetti che preoccupano il FMI

Andando più nel dettaglio, a preoccupare l'FMI è, in particolare, l'aumento del debito non finanziario, sia a livello di Governi, ma anche a livello di famiglie e imprese. Guardando, a titolo di esempio, solo i paesi più industrializzati appartenenti al G20, questo è passato, in termini percentuali, dal 210% del 2006 all'attuale 235% del Pil mondiale. In termini assoluti, stiamo parlando di qualcosa come 135 mila miliardi di dollari.

Anche un'altro fattore preoccupa molto il Fondo.

Cioè la bassa volatilità sui mercati azionari. Come il suo opposto, cioè una estrema volatilità, questa è preoccupante ma per differenti ragioni. Un' alta volatilità è sintomo di incertezza da parte dei mercati finanziari, che in tal modo indicano di non avere le idee chiare su che direzione prendere. D'altra parte una volatilità eccessivamente bassa, indica un'estrema polarizzazione del mercato in una sola direzione.

In questo caso, dati i bassissimi tassi d'interesse sul mercato obbligazionario, gli investitori sono a caccia di rendimenti più alti che, in questa fase, possono essere offerti solo dal mercato azionario, o da obbligazioni estremamente rischiose, tipo i junk- bond, o bond - spazzatura.

Il fattore Cina

La Cina, fa notare il rapporto del FMI, continua a crescere a ritmi sostenuti.

Quest'anno si stima una crescita del 6,5% rispetto all'anno prima. Ma non è tutto oro quello che luccica. Il sistema bancario cinese, nonostante questa crescita sostenuta, è fortemente sovraesposto. Attualmente, infatti, detiene assets pari al 310% del Pil cinese. E questo, ormai, da diversi anni, basti pensare che nel 2012 questa percentuale era pari al 240%.

Di conseguenza, prima o poi, le autorità cinesi dovranno rallentare la corsa se non vogliono far deragliare la loro locomotiva. E ciò avrà sicuramente conseguenze a livello internazionale, ma molto minori che se si continuasse questa folle corsa. A questo quadro si aggiunge anche la querelle nata In Europa sui NpL e la loro corretta sterilizzazione. Ci sono tutti gli ingredienti, se non si interviene presto e bene, per lo scoppio di una nuova crisi.