Lo scandalo dei Paradise Papers ha dimostrato che, nonostante gli sforzi dei governi per contrastare l’evasione fiscale, ci sono ancora numerose multinazionali che eludono le tasse, spostando la propria residenza fiscale in Paesi che offrono soluzioni decisamente vantaggiose per chi intende preservare le proprie ricchezze. Questo fenomeno ha spinto l’Unione Europea ad avviare un processo di blacklisting, al fine di definire una lista nera dei paradisi fiscali. Tuttavia, pare che l’elenco stilato dall’Ue, la cui bozza dovrà essere presentata nel corso del prossimo Ecofin del 5 dicembre, non sia completo.

A dirlo è l’Oxfam, confederazione internazionale di organizzazioni no-profit con sede a Oxford, impegnata in progetti di sviluppo volti a contrastare la povertà nel mondo, che definisce la lista “poco efficace e poco credibile”.

L’analisi dell’Unione europea

I Paesi sottoposti a screening da parte dell’Unione europea in tutto sono 92. Di questi, meno della metà ha ricevuto una lettera con cui si richiede di osservare i parametri fissati dall’Unione in materia di lotta all’evasione fiscale, con particolare riferimento a trasparenza, rispetto degli standard fissati dall’Ocse e divieto di accordare alle imprese misure fiscali preferenziali. Tuttavia, nella lista nera finiranno solo i Paesi che non hanno manifestato neanche l’impegno ad invertire la rotta, mentre quanti sono intenzionati ad allinearsi con le regole dell’Ue saranno inseriti in un documento a parte, a patto che si adeguino agli standard richiesti entro certi termini.

In particolare, i paesi sviluppati dovranno manifestare il proprio impegno a livello politico e dare seguito agli impegni assunti entro il 2018, mentre il termine viene prorogato al 2019 per i paesi in via di sviluppo. Una casistica a parte, infine, è rappresentata dai paesi che hanno subito catastrofi naturali come uragani e maremoti, a cui verrà concesso qualche mese in più per conformarsi agli standard richiesti.

La lista nera di Oxfam

L’Oxfam, sulla base di un’accurata valutazione basata su parametri quali la trasparenza, la partecipazione a fori internazionali sulla tassazione e la corretta imposizione fiscale, sostiene che la lista stilata dall’Ue non sia efficace se si intende realmente contrastare il fenomeno della fuga di capitali nei paradisi fiscali e teme che alla base di ciò vi siano pressioni politiche che impediscono di redigere un documento completo.

L’organizzazione, infatti, sostiene che dei 92 Paesi analizzati, ben 35 tra Stati e territori extra Ue siano favorevoli all’evasione e che a questi, comprensivi dei noti paradisi fiscali delle Bahamas, delle isole Cayman e Trinidad e Tobago, secondo l’Oxfam andrebbero aggiunti anche 4 Paesi appartenenti all’Ue: Irlanda, Lussemburgo, Olanda e Malta.

La proposta di Oxfam

Aurore Chardonnet, policy advisor di Oxfam impegnata sul tema della giustizia fiscale, invita l’Ue a redigere una blacklist “oggettiva e coerente”, in grado di fare luce sulla questione e individuare una strategia efficace per contrastare lo spostamento di capitali nei paradisi fiscali. L’organizzazione, inoltre, chiede che l’Ue neghi l’accesso ai propri fondi ai Paesi che, non osservando gli standard fissati, potrebbero essere qualificati come “paradisi fiscali”.

Un’azione congiunta da parte dei governi europei, infatti, appare come una possibile soluzione per contrastare le pratiche discutibili di alcuni Paesi che agiscono a scapito delle finanze pubbliche di altri.