La nona edizione di uno studio della famosa società di consulenza australiana Mercer sembra confermare tutte le criticità del sistema previdenziale italiano e sembra dare ragione a quanti asseriscono che l’aumento dell’età pensionabile sia necessario. Coincidenza vuole che questo studio arrivi in un periodo dove in Italia si fa un gran parlare di previdenza, Pensioni ed aspettativa di vita con relativi aumenti in termini di requisiti di accesso alla quiescenza. Il nostro sistema non è sostenibile, questo quanto fuoriesce dallo studio. In pratica, solo aumentando i requisiti di accesso alle pensioni si potrebbe continuare a pagarle come succede oggi.

Confermato quindi come l’Inps non si può permettere di pagare le pensioni senza allontanarle nel tempo. Ecco cosa dice lo studio e come viene classificata l’Italia dal punto di vista della previdenza sociale.

Italia Paese debole

La nostra nazione viene catalogata come uno dei Paesi deboli dal punto di vista della sostenibilità. Il consiglio che arriva da Mercer è quello di prendere esempio dai Paesi più forti da questo punto di vista, perché statisticamente in Italia il ricorso alla previdenza alternativa o privata è più bassa rispetto a quanto accade negli altri Paesi industrializzati. E’ la sostenibilità a medio-lungo termine il problema maggiore che Mercer imputa all’Italia. Un problema certificato anche dalla recente nota di aggiornamento del DEF, come riporta un articolo del 31 ottobre sul settimanale “Panorama”.

Bassa natalità rispetto al tasso di mortalità, pochi posti di lavoro per gli over 55 e poca adesione alle pensioni della previdenza alternativa o privata, come le assicurazioni, sono i dati che Mercer imputa all’Italia rispetto agli altri Paesi sviluppati.

La situazione in vista della manovra finanziaria

Anche l’ex premier Renzi si è iscritto al partito di coloro che vorrebbero bloccare il meccanismo dell’aspettativa di vita e quindi l’innalzamento meccanico dell’età pensionabile dal 2019.

Domani, 2 novembre, è in programma un incontro tra Governo e sindacati sempre in tema pensioni e sempre sul meccanismo aspettativa di vita. Anche il ministro del Lavoro, ieri sera su Rai Uno nella trasmissione “Porta a Porta”, ha dimostrato scetticismo sul meccanismo che porterà all’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia per l’intero universo dei lavoratori italiani.

Secondo Poletti si potrebbe trovare una soluzione tampone, come sponsorizzano anche i sindacati, cioè il differenziare i lavoratori di fronte al meccanismo, in base alle mansioni o tipologie di lavoro svolte. Buoni propositi e parole che però si scontrano con i dati statistici di Mercer, che danno ragione ai tecnici che hanno messo a rischio la sostenibilità del sistema previdenziale nostrano se si intervenisse a bloccare l’aumento dell’età pensionabile.

Come mostra l’ultimo rapporto, datato 2015, la spesa pensionistica è stata superiore alle entrate previdenziali di ben 26 miliardi (217 di uscite e 191 di entrate). Un deficit enorme che continuerà a salire come sancito dal DEF fino al 2040, quando la spesa previdenziale italiana supererà il 18% del PIL.

Secondo lo studio di Mercer, l’Italia dovrebbe intervenire spingendo nella direzione dei fondi pensione privati e cercando di coinvolgere al lavoro persone ormai prossime alla pensione. Un suggerimento diametralmente opposto al pensiero di quanti vogliono una uscita anticipata dal mondo del lavoro e, magari, flessibile.