Dopo il recente aggiornamento sull’emendamento presentato nella Legge di bilancio 2018 che prevede un tempo di prescrizione più lungo per le varie gabelle, che si allunga fino ad arrivare a 10 anni se il contribuente non impugna la cartella, ci occupiamo di una recente sentenza che ha a che vedere anche con il pignoramento presso terzi. Con il pignoramento presso terzi, il creditore pignora non già le somme di denaro attualmente nella disponibilità del debitore, ma pignora quelle somme che gli devono essere versate da un soggetto terzo, la banca o il datore di lavoro.

In pratica, il creditore notifica l’atto di pignoramento non solo al debitore, ma anche al suo debitore (o anche “terzo pignorato”), intimando a quest’ultimo di consegnare, direttamente al creditore la somma pignorata.

La banca o il datore di lavoro dovranno quindi versare tali somme di denaro direttamente al creditore procedente ovvero l’Agenzia delle Entrate Riscossione (pignoramento art. 72-bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973). In particolare la Corte si Cassazione con la sentenza del 9 novembre ha statuito che gli atti processuali di Equitalia, non godono di fede privilegiata perché sono redatti nell’ambito di funzioni diverse da quelle di ufficiale giudiziario.

Nello specifico l’atto di pignoramento presso terzi di Equitalia non acquisisce natura di atto pubblico conservando invece natura di atto processuale di parte o atto esecutivo).

Ne consegue che mentre nell’attestazione delle attività svolte come ufficiale giudiziario ( ad esempio la notifica di un atto), il funzionario di Equitalia ( oggi Agenzia Entrate riscossione) è dotato dei poteri di fidefacienza ( tale attestazione fa fede pubblica), nell’attestazione delle attività relative alla stesura dell’atto, non è invece assistito da fede pubblica..

Principali effetti del fatto che l’Agente della Riscossione non ha poteri di fede privilegiata

Conseguentemente le dichiarazioni contenute nel pignoramento presso terzi predisposto dall’Agente della Riscossione non godono di alcuna presunzione di veridicità (sono prive di fede privilegiata ) essendo equiparabile ad un atto di parte .

Ecco perchè quello stesso atto pignoramento presso terzi che non indica espressamente e che titolo siano dovuti gli importi oggetto del credito verso terzi potrebbe essere considerato illegittimo. Questo tradotto in termini pratici significa che il debitore potrebbe impugnarlo tramite un suo legale.

L’atto di pignoramento presso terzi è infatti spesso inficiato da un vizio congenito: ovvero in esso non viene indicata la natura e la fonte del credito (oggetto di esecuzione forzata) ad esempio contributi previdenziali, imposte, multe ecc. Ecco quindi che l’illegittimità del pignoramento, può ben essere contestata con un opposizione agli atti esecutivi anche qualora nello stesso non venga indicato il titolo esecutivo.

Come difendersi e le motivazioni della sentenza n 26519 del 9/11/2017

In alternativa si può proporre anche un istanza in autotutela. Tali due strade non sono alternative, anzi sarebbe opportuno non far trascorrere inutilmente i termini per poter fare opposizione. I termini per fare opposizione al pignoramento sono 20 gg., dalla notifica dell’atto, in caso di opposizione ex 617 cpc.

Fra le eccezioni che possono essere fatte valere c’è anche quella del conto corrente cointestato. Sarà Equitalia a dover dimostrare che i soldi sul conto sono solo del contribuente debitore e non anche del cointestatario. Il giudici di legittima della Cassazione in particolare hanno sottolineato come la logica conseguenza di una tale omissione sia responsabile dell’illegittimità di tutti i pignoramenti di crediti verso terzi effettuati dall’Agenzia Entrate Riscossione posto anche la palese violazione dell’articolo 548 cod.

proc. civ.. Secondo gli Ermellini neanche l’allegazione, dell’elenco delle cartelle di pagamento menzionate nell’atto di pignoramento serve a salvarlo dall’invalidità. L’effettiva allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento per cui si procede non prova di certo che tale elenco faccia parte dell’atto di pignoramento. In questo senso l’atto non è provvisto della stessa fede privilegiata di cui godono i fatti accertati dal pubblico ufficiale.