Il crescente interesse nei confronti della moneta digitale, specie dopo il debutto dei Bitcoin future nella Borsa di Chicago, attira ormai non più solo una nicchia di investitori amanti del cyberspazio ma anche investitori istituzionali, multinazionali e, ultimamente, le #banche centrali di diversi Paesi, in particolare tra Medio Oriente e Asia.

Naturalmente ci sono pareri contrastanti riguardo alla "istituzionalizzazione" di Bitcoin e altre criptomonete, di cui, da un lato, si temono la instabilità di mercato e un loro possibile utilizzo illecito, dall'altro si elogiano l'istantaneità delle transazioni che consentono e gli altri vantaggi offerti dalla tecnologia che regge la #blockchain.

In ogni caso, tutti, mal gré bon gré, hanno preso posizione su un fenomeno planetario non più trascurabile. E se i sostenitori della blockchain difendono l'idea originaria di tenere separato il mondo della #criptovaluta dai controlli di banche e Stati, proprio questi ultimi paiono saggiare le potenzialità della nuova moneta.

Bitcoin ed Ethereum per le banche centrali?

Peter Smith, CEO di #Blockchain, una delle più importanti piattaforme in ambito trading-mining, ha dichiarato alla CNBC che nel 2018 le #banche centrali potrebbero costituire riserve di #Bitcoin ed #Ethereum.

Così Smith:

"Penso che quest'anno sarà il primo anno in cui inizieremo a vedere le banche centrali interessarsi alle valute digitali come parte del loro bilancio".

Smith ha aggiunto che le banche centrali potrebbero arrivare a emettere criptovaluta.

Di fatto, le banche centrali di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti stanno vagliando la possibilità di utilizzare criptovaluta per i pagamenti transfrontalieri, secondo quanto riportato da CoinDesk, che si rifà a fonti locali come il The National.

Anche la Banca Centrale della Repubblica Popolare Cinese aveva annunciato a giugno di quest'anno il varo di un piano quinquennale incentrato sulla tecnologia blockchain e l' #intelligenza artificiale come risorse per il mercato finanziario.

Sulla stessa linea Eugene Etsebeth, ex banchiere centrale della South African Reserve Bank, che ha dichiarato:

"Nel 2018, le banche centrali del G-7 vedranno bitcoin e altre criptovalute diventare la più grande moneta internazionale dalla capitalizzazione di mercato".

La BCE mette in guardia dai rischi della criptovaluta

Più cauto l'atteggiamento della BCE: Mario Draghi ritiene che la criptovaluta abbia bisogno di essere regolamentata prima di porsi come valuta utilizzata nell'intemediazione creditizia. Inoltre il mercato sarebbe ancora troppo instabile per una svolta di questo genere.

Anche Ewald Nowotny, membro del consiglio direttivo della BCE e banchiere centrale austriaco, suggerisce una presa di posizione in ambito UE per irreggimentare la criptovaluta, che potrebbe, secondo Nowotny, alimentare la commissioni di illeciti come il riciclaggio. Anzi, Nowotny, all'indomani dell'entrata in borsa dei Bitcoin, aveva liquidato la criptovaluta come puro "prodotto speculativo".

Il rischio di illeciti fa paura anche al Ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, che ha recentemente dichiarato di voler portare all'attenzione del G20 di aprile 2018 la questione dell'utilizzo illecito della blockchain.

L'atteggiamento dell' Europa non è comunque una novità. Già nel 2015 il pool di esperti incaricato da Mario Draghi di valutare i rischi di penetrazione della criptomoneta, nella fattispecie Bitcoin, nell'Eurozona, stigmatizzava la moneta virtuale come "la più grande minaccia potenziale per la politica monetaria e la stabilità dei prezzi, per la stabilità finanziaria e la vigilanza prudenziale". Un fenomeno, insomma, da tenere sotto controllo e di cui il pool teme la compromissione con le strutture bancarie centrali e non.

Si passa così da atteggiamenti di favore nei confronti di quella che è per molti la più grande rivoluzione digitale dopo internet a posizioni fortemente critiche, come quelle manifestate nell' Eurozona.

Come che sia, il fenomeno della criptovaluta non può più essere ignorato. Regolamentato a livello centrale o lasciato all'auto-regolamentazione del mercato, si tratta, guardando solo a Bitcoin, di un affare che ha generato il 274 mila per cento di guadagni in 96 mesi di transazioni. Investitori grandi e piccoli, istituzioni e banche centrali si trovano ormai ad un punto di svolta e appare molto difficile pensare che si tratti solo di una "bolla" finanziaria.