Potrebbero avvicinarsi giorni bui per i prodotti di alta qualità alimentare italiana. L'Unione Europea ha, da poco, approvato il nuovo Regolamento sull'etichettatura dei prodotti alimentari. Il Regolamento è disponibile per la consultazione, anche se solo in lingua inglese, sul sito istituzionale della Commissione Europea. E lì rimarrà fino al prossimo 1 febbraio 2018, data in cui entrerà pienamente in vigore. Il problema è che potrebbe danneggiare le nostre produzioni più che salvaguardarle, anche se involontariamente. E questo a seguito dei criteri utilizzati per definire un determinato prodotto 'made in'.

Vediamo di chiarire meglio i termini del problema e quali potrebbero essere le potenziali conseguenze e i rischi.

Quando un prodotto viene definito 'made in'

In base alle attuali normative europee un prodotto, sia esso alimentare o meno, viene definito 'made in', in base al paese in cui subisce l'ultima trasformazione sostanziale. Quindi, non si fa riferimento all'origine della materia prima, ma all'ultimo processo di trasformazione subito dalla stessa, sia esso di tipo industriale o, più raramente, artigianale. Per essere chiari, se si acquista del vino made in Italy, in base al nuovo Regolamento non è detto che tutti i passaggi che hanno condotto al prodotto finito siano avvenuti in Italia.

Viene garantito che è avvenuto in Italia solo l'ultimo passaggio di trasformazione. Anche se il nuovo Regolamento stabilisce che sull'etichetta deve essere indicata l'origine della materia prima. Ad esempio, nel caso del vino, se l'uva proviene dalla Russia, dalla Cina o dall'Italia.

Dove nascono i problemi e i rischi

Con l'indicazione dell'origine sull'etichetta sembrerebbe tutto risolto.

Ma, purtroppo, non è così. A parte il fatto che il nuovo Regolamento è stato approvato con ben 4 anni di ritardo, bisogna rilevare che lo stesso ha escluso dall'obbligo di dichiarare l'origine tutti i prodotti generici come, ad esempio, la pasta, il latte o il formaggio. E questo vale, purtroppo, anche per i marchi. Quindi, è sufficiente, ad esempio, che nel marchio del produttore venga inserita una coccarda tricolore per rendere il prodotto esente dal riportare la provenienza d'origine della materia prima.

E questo, incredibilmente, vale anche per le produzioni Igp, cioè con l'indicazione geografica protetta. In pratica, il produttore sarà obbligato ad indicare l'origine solo se sull'etichetta è scritto 'Made in Italy'. Ma anche in questo caso il produttore non dovrà fornire un'indicazione specifica. Basterà indicare che la materia prima d'origine provenda da un paese della Ue o non della Ue.

Secondo quanto afferma l'avvocato Dario Dongo, uno dei maggiori esperti italiani di diritto alimentare, sarebbe come scrivere "proveniente dal Pianeta Terra". Si tratta di un vero e proprio avallo del Made in Italy taroccato e di disposizioni che, invece di tutelare il terzo marchio più conosciuto al mondo dopo quello della Coca-Cola e della Visa, favoriscono le grandi imprese della filiera alimentare e le associazioni di categoria maggiormente strutturate. A tutto detrimento dei cittadini-consumatori.