Nel 2014 la Grecia ha prodotto 238,023 miliardi di dollari di ricchezza (dato del Fondo Monetario Internazionale, World Economic Outlook Database, edizione di aprile 2015).

Il terzo gruppo bancario della Grecia, Eurobank Ergasias, dipartimento Eurobank Global Market Research, sul suo periodico Greece Macro Monitor del 7 aprile 2015, ha confermato che la crescita reale del PIL nel 2014 è stata dello 0,7% e che quest'anno i turisti dovrebbero aumentare, arrivando ad un totale di 25 milioni (il turismo costituisce circa il 15-20 del PIL).

Nel 2014 il rapporto tra deficit e Pil si è ridotto al 3,5%, vicino alla soglia stabilita a Maastricht (3%).

Nell'ultimo trimestre del 2014 il PIL è cresciuto dell'1,31% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (per un recente esame di aspetti economici positivi e negativi, George Serafeim, One Way To Help Greece Recover: Help Greek Companies Obtain Financing, Forbes, 22 aprile 2015).

Come confermato da questi ultimi dati, l'economia greca è in crescita perciò le soluzioni più estreme quali il default potrebbero essere accantonate.

Le possibili opzioni a disposizione della Grecia:

  • Emettere una nuova divisa obbligherebbe la nazione ad attirare gli investitori, già preoccupati dai forti rischi, offrendo loro interessi molto elevati (15-20%), difficili da sostenere. I mutui diventerebbero estremamente onerosi per le persone di medio reddito e per le imprese i costi di finanziamento sarebbero troppo elevati.
  • Abbandonare la forte protezione della moneta unica lascerebbe la Grecia indifesa contro la speculazione internazionale che potrebbe approfittare dei più alti tassi d'interesse connaturati alle monete più deboli, suscitando, sul mercato dei cambi, operazioni dannose. Difficilmente la Grecia potrebbe tornare a quel rapporto di cambio di 340,75 dracme per euro fissato nel 2001 quando entrò nel sistema della moneta unica: si ipotizza una possibile svalutazione tra il 40 ed il 70 per cento e 500-600 dracme per euro.
  • Restare nell'euro rafforzerebbe la coesione internazionale (responsabilizzando il G20), eviterebbe l'ulteriore fuoriuscita di capitali e consentirebbe di ristrutturare il debito in scenari di bassissima inflazione, riducendo le garanzie da prestare. Questa soluzione è sostenuta anche da Romano Prodi.

L'apertura del ministro Varoufakis:

Come segnalato da Robin Emmott and Jan Strupczewski (Greece offers concessions in talks with creditors, Reuters, 24 aprile 2015), il ministro delle finanze Varoufakis apre ora ad un nuovo accordo e sul suo blog menziona possibili punti d'incontro: "Il nostro governo non vede l'ora di razionalizzare il sistema pensionistico (per esempio limitando i pensionamenti anticipati), procedere a parziali privatizzazioni di beni pubblici, formare una commissione totalmente indipendente in materia fiscale".

Ha ammesso inoltre che "il sistema fiscale ha bisogno di essere rinnovato e le autorità fiscali devono essere liberate da influenze politiche o corporative". Il ministro ha preso le distanze dall'imposizione di obblighi stringenti legati al raggiungimento della soglia predeterminata nel rapporto fra debito e PIL (120%) entro una determinata data (anno 2020): "il risultato di questo metodo, secondo il nostro governo, sarebbe un'austerità-trappola".

Varoufakis mira ad un piano di lungo termine: "il nostro compito sta nel convincere i nostri partner che i nostri progetti, invece di essere tattici, sono strategici, e che la nostra logica è sensata."