Il 29 marzo inizieranno le procedure che sanciranno definitivamente la Brexit, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, voluta a maggioranza dalla popolazione tramite l’epocale referendum tenutosi ormai nove mesi fa. Ad annunciarlo alle autorità europee e al presidente del Consiglio Donald Tusk è stato Sir Tim Barrow, ambasciatore del Regno Unito a Bruxelles.

Brexit, via all’iter

Dopo lunghi mesi di trattative e votazioni parlamentari che dessero al governo di Downing Street il via libera all’azione, la fuoriuscita della Gran Bretagna dall’organizzazione europea sta per assumere contorni definiti.

Margaitis Schinas, portavoce della Commissione Ue, ha confermato di aver ricevuto nota dall’esecutivo britannico che il 29 marzo comincerà l’iter che porterà all’applicazione dell’articolo 50 del trattato di Lisbona (“ogni Stato membro può decidere di recedere dall’Unione conformemente alle proprie norme costituzionali”).

La lettera che renderà la Brexit ufficiale (in due anni)

Così il Regno Unito darà notifica ufficiale tramite missiva firmata dal primo ministro in cui si dichiara la volontà britannica di uscire dall’Ue e di intavolare un negoziato che avrà una durata di almeno due anni. Lungo ma importante, anzi “il più importante nell’arco di una generazione”, secondo l’opinione del ministro per la Brexit David Davis.

Dal 29 marzo le trattative avranno inizio con Tusk che dovrebbe confermare Michel Barnier alla guida dei negoziati, già che il francese segue gli sviluppi in merito dallo scorso luglio.

I rapporti con l’Ue nel corso della Brexit

Nella migliore ipotesi la Gran Bretagna sarà fuori dall’Ue il 29 marzo 2019, sempre che le parti non prolunghino ulteriormente i lavori.

In quel caso entrerebbe in scena un accordo transitorio per regolare i rapporti fra britannici e Unione, che resterebbero inalterati fino alla chiusura definitiva delle trattative. Molti esperti infatti non credono che due anni saranno sufficienti per chiudere i vecchi rapporti e aprirne di nuovi in senso economico, commerciale, militare.

Secessione della Scozia dopo la Brexit?

Un effetto della concretizzazione dell’uscita dall’Unione potrebbe essere la secessione della Scozia, scongiurata nel referendum del 18 settembre 2014. Ma la situazione è cambiata diametralmente in pochi anni e se prima gli stessi scozzesi non erano così convinti di separarsi da Londra, ora potrebbe non essere più così. La premier inglese Theresa May ha dichiarato che “non è il momento” per affrontare la questione, magari da riprendere non prima di un paio di anni, mentre la prima ministra di Edimburgo, Nicola Sturgeon, spinge per tornare alle urne già nell’autunno 2018. La Scozia, se ottenesse l’indipendenza, cercherebbe di rimanere nell’alveo della Ue, già che lo scorso giugno la sua popolazione aveva detto “no” alla Brexit con un sonoro 62%.