Il governo Renzi nell'ultimo CdM ha annunciato un aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20% al 26%. L'aumento serve a trovare le coperture per gli interventi di riduzione delle tasse decisi dal premier: l'abbassamento del cuneo fiscale e la riduzione dell'aliquota Irap del 10% sulla parte che grava sul costo del lavoro (l'aliquota passerà dal 2,5% al 2,25%). Questa politica dovrebbe servire a riequilibrare gli squilibri nella tassazione tra rendite da lavoro, che attualmente vengono tassate circa al 50%, e le rendite da capitale dove la tassazione oscilla tra il 12,5 e il 20%.


Chi paga l'aumento dell'imposta:
  • possessori di dividendi provenienti da partecipazioni non qualificate,
  • possessori di obbligazioni emesse da società private,
  • possessori di quote di fondi d'investimento.
Chi non paga:
  • possessori di titoli di Stato Italiani (BOT, CCT, BTP, CTZ),
  • possessori di conti deposito vincolati,
  • buoni postali.
Non è ben chiaro se verranno tassate le rendite speculative annovate per legge tra i redditi diversi che ad oggi vengono tassate al 12,5%. Esempio di ciò, sono i derivati finanziari come conti pronto termine, future, opzioni, swap, ecc. che ad oggi sono tassati al 12,5%.

Le proteste

Alcune associazioni di categoria si sono contrapposte a queste misure dicendo che non sono altro che una patrimoniale camuffata che colpisce i piccoli risparmiatori a dispetto delle grandi rendite, inoltre l'aumento della tassazione sulle rendite, potrebbe spingere molti contribuenti a portare i propri capitali all'Estero. Sono anche sorti dei dubbi sulla costituzionalità del provvedimento dato che l'imposta è proporzionale e non progressiva, ma si dovrebbe sapere che questo non è un parametro obbligatorio ma solo indicativo, di fatto in Italia esistono anche imposte reali e proporzionali come ad esempio l'IVA.