Nel corso delle ultime ore il dibattito politico si è scatenato: dopo alcune dichiarazione di Giuliano Poletti in una recente intervista al Corriere, si è compreso che il Governo starebbe pensando ad una soluzione molto particolare per venire incontro alle esigenze dei soggetti più deboli non ancora in pensione: il contributo di solidarietà. Nella pratica, si tratterebbe di un provvedimento alla "Robin Hood". Tagliare ai "più ricchi" per dare ai "più poveri". Ma come si sa, l'inferno è sempre lastricato di buone intenzioni. Il problema è nella definizione di "più ricco", perché per ottenere un risultato concreto il provvedimento deve andare a toccare Pensioni che al netto delle imposte sono tutt'altro che da nababbi.

Che cos'è e come funziona il contributo di solidarietà

L'idea di funzionamento del contributo di solidarietà sarebbe piuttosto semplice. Il punto di partenza è che mancano le risorse necessarie al pensionamento di una vasta platea di soggetti deboli: esodati, precari agli ultimi anni di lavoro, disoccupati, personale ATA e insegnanti Quota 96 della scuola pubblica, lavoratori che hanno svolto impieghi usuranti; esiste una vasta platea di soggetti che sono risultati penalizzati dalla precedente riforma delle pensioni (risalente al 2011) e che ora aspettano risposte. Con il contributo di solidarietà, si chiederebbe a coloro che sono già andati in pensione con il sistema retributivo di intervenire cedendo una parte della propria mensilità a favore dei soggetti deboli.

In questo modo, si potrebbe garantire la pensione a tutti senza aggravare il bilancio pubblico (fatto che scatenerebbe immediatamente il veto dei tecnici della Ragioneria dello Stato o della spending review).

Pensionati in rivolta: soglia di prelievo troppo bassa

Il problema sorge quando si va ad analizzare la soglia a partire dalla quale scatterebbe il contributo.

Si è parlato di un livello ragionevole a partire dalla 2000 o 3000 € al mese, ma nonostante la situazione difficile del Paese non si tratterebbe certo di persone "ricche". In molti si chiedono perché andare a toccare le pensioni e non, ad esempio, gli stipendi pubblici / privati, i costi inutili dello Stato o altre voci di spesa.

Se poi stiamo parlando di pensione lorda, allora le cose si fanno davvero preoccupanti. Una pensione da 3.000 € lorda al netto delle tasse potrebbe risultare notevolmente inferiore, avvicinandosi alle 1800 € al mese. Secondo alcune indiscrezioni, il contributo potrebbe colpire solo coloro che hanno una pensione retributiva che superi le 3.500 € al mese. È chiaro che tutta la discussione politica si gioca sul livello della tagliola o dell'asticella a partire della quale dovrebbe scattare il contributo. Se questo dovesse rivalersi su redditi da pensione troppo bassi, si rischierebbe semplicemente di aiutare dei soggetti deboli per metterne in difficoltà altri.