La notizia che il Governo intende assumere 100mila precari ha leggermente placato gli animi dei docenti della Scuola (ma solo leggermente). Il Miur intende avviare una politica di assunzioni da distribuire in un triennio, ma il sindacato Anief fa due calcoli e rilancia. Come fatto notare in un comunicato, i posti liberi ci sono: quelli attualmente vacanti, sostegno compreso, sono già circa 47mila; a questi vanno sommati i due terzi delle 140mila supplenze annuali previste entro l'inizio dell'anno scolastico. Per questo motivo, Anief chiede che le assunzioni dei precari vengano fatte sin da subito, senza bisogno di distribuirle in tre anni.

Se i posti disponibili ci sono, e in ogni caso dovranno essere affidati ai precari, perché non immettere in ruolo immediatamente i docenti? Ma l'Anief fa notare anche un altro aspetto importante.

Assunzione di 100mila precari: la solita beffa?

Marcello Pacifico, presidente Anief, fa notare che assumere centomila docenti in tre anni non rappresenta nessuna novità epocale. Il piano del Miur attuale prevede circa 30mila assunzioni annuali, tanto che in questo momento si stanno portando a termine 28.781 assunzioni di nuovi docenti, di cui 15.439 su posto comune e 13.342 su sostegno, la metà provenienti dalle graduatorie di merito e l'altra metà dalle GaE. Dire che saranno assunti centomila precari in tre anni, quindi, è semplicemente una conferma del piano attuale del Miur, niente più, niente meno.

In cosa consisterebbe la novità? Sembra quasi un numero sfoderato per tenere buoni gli animi... Se poi le supplenze brevi dovessero essere affidate ai docenti già di ruolo, come anticipato, secondo i calcoli Anief coprire tutte le supplenze diventerebbe impossibile, soprattutto nella scuola primaria e dell'infanzia. Sembra che, continua Pacifico, l'unica soluzione per i precari possa arrivare in autunno dalla sentenza della Corte di Giustizia europea , che dovrà esprimersi in merito all'abuso di precariato scolastico adottato in Italia nei confronti dei supplenti con più di 36 mesi di servizio e dal rifiuto di rispettare il diritto agli scatti maturati durante gli anni del precariato.