Il Jobs Act era quel documento, quasi bandiera, che Matteo Renzi promosse all'inizio di quest'anno per giustificare la sua "discesa in campo". Agli addetti ai lavori sembrava un documento già corposo che andava solo discusso ed approvato, ma come capita spesso in politica era solo un titolo privo di contenuti.

Il Jobs act l'esempio della nascita di un titolo.

A gennaio di questo anno quando ancora non si poteva parlare di governo Renzi con il famoso "stai sereno", il sindaco di Firenze che nel tempo libero era anche segretario neoeletto del PD, avanzò una serie di proposte all'allora governo Letta tra cui il famoso Jobs act.

Andando a riprendere le dichiarazioni di Renzi, si legge che il suo entourage era autore di un documento capace di dare una scossa significativa al mercato del lavoro. E non solo, infatti il segretario dettava i tempi ed i modi di approvare i vari punti, all'epoca si parlava di mesi, ed il Jobs Act fu anche criticato per l'assenza della questione pensioni nel documento sul lavoro. 

Jobs Act: la trasformazione.

Nel marzo di questo anno il neonato governo Renzi con una marcia incredibile annunciava per slide il programma lampo di governo. Il Jobs Act, sembrava essere il primo provvedimento che il premier Renzi puntasse ad approvare. Ma subito dopo le famose slide il progetto doveva affrontare il problema della pensione nel corpo del testo.

Il ministro Poletti cominciò a parlare più di pensioni che di Jobs Act ed il ministro Renzi era molto impegnato con le "80 euro".

Il nuovo Jobs Act e il reintegro che non c'è.

Durante l'estate i tecnici del governo hanno finalmente formulato il testo dietro al titolo Jobs act, a questo punto il governo propone un documento che per essere operativo da subito viene approvato come decreto.

Questo per attivarlo da subito e poi essere convertito in legge dal parlamento con i tempi dovuti. Ma nel documento scritto dal governo manca il reintegro sul posto di lavoro. Se ne accorgono tempestivamente esponenti della maggioranza ed opposizione e paradossalmente, le posizioni sembrano essere invertite. L'ex segretario PD Pierluigi Bersani, rilasciando una intervista su una nota testata nazionale, specifica: il testo cosi come è fatto lascia liberi a molte interpretazioni, e questo indebolisce di molto la posizione dei lavoratori.

Ed in particolare l'ex candidato premier del PD chiosa con non esiste per un licenziamento ingiusto il reintegro obbligatorio. 

Il governo ha le idee chiare, le dichiarazione della portavoce Serracchiani non lasciano spazio a interpretazioni. Il governo vuole approvare il testo cosi com'è per aiutare il mondo del lavoro.