Prosegue senza soluzione di continuità il dibattito in tema di riforma pensioni e previdenza: concentrandoci sul solo caso Pensioni lavoratori precoci, bisogna sottolineare che come ormai accade da diversi mesi la vicenda viene ad essere interessata solo indirettamente da ipotesi e provvedimenti di riforma. Gli ultimi in ordine di tempo sono quelli paventati dal presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano e dal ministro del lavoro Giuliano Poletti, che oltre ad aver fissato le linee guida del processo riformista hanno parlato di interventi concreti mirati ad agire nello specifico sull’istituto della pensione anticipata.

Damiano ha in particolare riproposto l’ipotesi di fissazione della pensione anticipata a quota 62 anni  più 35 di contributi, una proposta che Poletti non ha bocciato ma circostanziato richiamando l’importanza delle coperture economiche. Certo la formula andrebbe studiata meglio in vista di un'applicazione al caso pensioni lavoratori precoci ma sarebbe comunque un inizio: entriamo più nel dettaglio.

Pensioni lavoratori precoci, Poletti e Damiano: pensione anticipata a 62 anni? Si, ma servono le coperture economiche

Parlando di previdenza e pensioni lavoratori precoci non si possono tralasciare le ultime dichiarazioni rilasciate da Cesare Damiano: ‘Ribadiamo che una delle cause della disoccupazione dei giovani è la mancanza di turnover. Finché i padri dovranno lavorare sino a 67 anni, i figli resteranno fuori dai cancelli delle fabbriche - ha dichiarato l’ex ministro toccando indirettamente la questione pensioni lavoratori precoci - Dobbiamo correggere la riforma Fornero ed introdurre un criterio di flessibilità che consenta, per chi ha almeno 35 anni di contributi, di andare in pensione a partire dai 62 anni di età’. L’intervento di Damiano tocca in realtà in un sol colpo due punti focali connessi alla vicenda pensioni lavoratori precoci: riforma della pensione anticipata e fissazione dell’età pensionabile. Il limite di 67 anni è improponibile per chi ha iniziato a lavorare a 15 anni, stesso discorso per una pensione anticipata che costringe il lavoratore a penalizzazioni pecuniarie troppo salate per chi ha visto gran parte della propria infanzia volare via a causa di attività lavorative prolungate e spesso usuranti. Urge dunque una riforma che sia capace di creare un sistema più flessibile e meno rigido con un occhio sempre proiettato alle coperture economiche: ‘Stiamo valutando un intervento ponte per quei lavoratori over 50 che perdono il lavoro e che non arrivano a maturare i requisiti per la pensione. Si tratterà comunque di uno strumento flessibile che sia compatibile con i conti perché non possiamo dimenticare il peso del debito pubblico’ ha dichiarato Poletti parlando indirettamente del caso pensioni lavoratori precoci. Sullo sfondo continua a tenere banco anche un’altra ipotesi lanciata da Damiano (pensionamento a 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica) ma il vero problema risiede nella strategia di intervento (o per meglio dire di non intervento) adottata sin qui dal governo Renzi: una vertenza così delicata come quella connessa al caso pensioni lavoratori precoci non può e non deve essere affrontata mediante l’esclusiva predisposizione di interventi indiretti. Urgono manovre strutturalmente connesse alla categoria: l’auspicio è che la Legge di Stabilità possa rappresentare, da questo punto di vista, lo snodo decisivo.