Partite Iva e freelance si ritrovano a fare i conti con una riforma 2015 che non soddisfa affatto la loro categoria e che vede un grave peggioramento della tassazione anche nel cosiddetto regime agevolato dei minimi con la triplicazione della cedolare secca dal 5% al 15% (che comporta l'esenzione dall'imposta sostitutiva del reddito, l'esonero dalle liquidazioni e dal versamento dell'Iva così come l'esonero dal versamento dell'Irap). Il problema è che la soglia di questo regime è passata da 30 mila euro a 15 mila euro e oggi sono in molti a protestare, dal momento che 15 mila euro in un anno significano - tolta la tassazione - guadagnare meno di 600 euro al mese, ossia uno stipendio veramente ridotto.

Sul fronte delle agevolazioni fiscali invece i commercianti usufruiscono di una tassazione a loro più favorevole fino a 40 mila euro di fatturato.

I lavoratori freelance o autonomi veri (quindi ad esclusione dei co.co.cò e co.co.pro che sono spesso dipendenti costretti dalle aziende ad assumere un profilo che alleggerisca il peso fiscale delle stesse) sono in Italia circa 1 milione e 300 mila persone. Esaminando l'evoluzione nel tempo di come i vari governi che si sono succeduti si sono comportati con la tassazione delle partite iva, ci accorgiamo di come già con l'ultimo governo Prodi ci fu un innalzamento di 9 punti dei contributi, mentre un altro punto fu aumentato dal governo Berlusconi.

La riforma Fornero poi modificata aveva previsto di portare i contributi dal 27,72 al 33,72% dal 2013 al 2018, ossia 1 punto all'anno. Con la Legge di stabilità 2015 i contributi sono arrivati al 29,72% ma si prevede che entro 3 anni arrivino al 34% a meno di modifiche, una percentuale altissima se si considera che gli artigiani pagano invece il 24% alla loro cassa.

La quota di questi contributi destinata all'assistenza è solo lo 0,72% e tra l'altro solo la metà di questo importo torna sotto forma di prestazioni, il che non garantisce affatto le coperture per le malattie più gravi.

Quali possono essere le soluzioni possibili per i lavoratori autonomi? La prima consiste nel rimanere nella gestione separata dell'Inps, ma pagando contributi inferiori con il trasloco presso le casse dei commercianti e artigiani; un'altra potrebbe essere quella di costituire delle vere e proprie società di persone, o in accomandita semplice (sas) o in nome collettivo (snc).

In realtà non esiste una soluzione che vada bene per tutte le categorie, e a dire il vero ad alcune condizioni, conviene sempre tenere aperta la partita iva che diventa la soluzione fiscalmente migliore per volumi crescenti di reddito. Prima di intraprendere strade che possano rivelarsi sbagliate nel lungo periodo vale la pena aspettare il promesso intervento di Renzi a favore della categoria. La situazione è ancora nebulosa e in piena evoluzione, ma se un numero elevato di autonomi dovesse lasciare la gestione separata, questa scelta provocherebbe un serio danno economico all'Inps.