La crisi economica, dal 2007 al 2014, ha messo l'Italia in ginocchio dal punto di vista dell'occupazione di giovani e meno giovani. Nel nostro Paese il tasso di disoccupazione è più che raddoppiato rispetto alla media Ue, mentre in Germania, politiche anti crisi hanno fatto in modo che la percentuale diminuisse di quasi la metà.

La fascia di persone maggiormente colpita è sicuramente quella dei giovani tra i 15 e 24 anni senza un posto di lavoro e che non sono iscritti a nessun corso di studi, i cosiddetti Neet. Stiamo messi peggio anche della Bulgaria ed a peggiorare le cose contribuisce anche il calo della produzione industriale.

La crisi economica di questi anni si è letteralmente mangiata i risparmi che gli italiani avevano faticosamente messo da parte, di conseguenza il potere d'acquisto è calato di molto, complice anche la perdita improvvisa del proprio lavoro e la difficoltà di trovare una nuova sistemazione.

Se per i giovani non va bene anche la fascia leggermente superiore, ossia, quella che va da 25-35 anni è martoriata dalla disoccupazione e dal precariato. Con l'avvento del Jobs Act dal governo giungono parole rassicuranti, che però non rispecchiano la cruda realtà dei fatti e dei numeri. Il Ministro Poletti dichiara: "Questi primi numeri sul lavoro indicano che stiamo andando verso un cambiamento, che significa un evoluzione di contratto per decine di migliaia di giovani da precario a tempo indeterminato".

Ma se andiamo ad analizzare il complesso, solo Grecia e Spagna hanno dati peggiori dei nostri, ciò si traduce in un calo drastico degli occupati di 15 punti sotto quello che dovrebbe essere l'obiettivo imposto dall'Europa, ossia del 70%, che secondo l'Ue è una percentuale idonea a definire uno stato lavorativamente ed economicamente 'sano' e con un welfare equilibrato.

Inoltre, altra certezza, è il calo della produttività italiana che è diminuita di un quarto a livello nazionale, anche se non tutti i settori sono stati colpiti. Principalmente i maggiori danni si vedono nel comparto edilizio e delle costruzioni, mentre l'export ha retto bene la crisi, limitando anche i danni totali di tutta l'economia italiana. Altri settori colpiti sono quello degli elettrodomestici, delle auto e delle calzature, che per decenni hanno rappresentato il motore economico del nostro Paese.