Dal 2005 ad oggi Teleperformance è diventata la seconda realtà occupazionale del territorio ionico, dopo l'Ilva. Erano partiti in 200, oggi sono ben 1700 le persone impiegate nel colosso francese (dipendenti e non) che hanno potuto dar vita a sogni diventati progetti concreti: 400 nascite e famiglie consolidate, sempre più in crescita. Nel corso degli anni, le leggi sulla riforma del lavoro si sono modificate levando sempre più spazio a chi un futuro se lo era programmato o lo stava mettendo già in atto.

Evoluzione della storia contrattuale fino al collasso aziendale dichiarato dalla dirigenza

Se la riforma varata nel 2007 dall'ex ministro Cesare Damiano prevedeva contratti di lavoro esclusivamente a tempo indeterminato, dal 2010, con quella dell'ex ministro Maurizio Sacconi è stato eliminato l'obbligo di assunzione a tempo indeterminato favorendo invece i contratti a progetto (solitamente di durata trimestrale rinnovabile, con costi dimezzati rispetto ad un lavoratore dipendente).

La logica era: sfruttare al massimo il lavoratore per tutta la durata della campagna promozionale, dopodiché mandarlo a casa.

Ad aggravare la situazione si è aggiunto il sistema degli appalti al minimo ribasso (regola vigente in molte aziende di call center, ndr). Ciò permette all'impresa di vincere il maggior numero di campagne pubblicitarie gravando però sul contratto dei lavoratori dipendenti (inadeguato inquadramento professionale e retributivo, ferie e malattia non concessi, contratti a progetto e via discorrendo).

Oggi, la dirigenza Teleperformance dichiara in "perdita" lo stabilimento tarantino insieme a quello di Roma che ha 200 dipendenti salvando, invece, i 400 di Parco San Leonardo a Fiumicino.

L'intento è quello di vendere a soci esterni, l'azienda tarantina e quella romana, trasformandole in società per azioni. Nel frattempo in Albania crescono i posti di lavoro nei call center grazie alla politica (molto discussa) di dislocazione delle aziende madri in paesi esteri col costo della manodopera più basso e di leggi meno restrittive.

Il sindacato ribatte: "Avevamo previsto tutto ma non ci avete ascoltato".

A seguito dell'incontro tenutosi in azienda tra sindacati e dirigenti, il segretario generale Slc Cgil Taranto, Andrea Lumino ha dichiarato che "in questi ultimi dieci anni, i lavoratori sono stati diverse volte sacrificati in termini di licenziamenti, cassa integrazione, contratti di solidarietà, part time di sole 20 ore, nonché livelli di inquadramento e scatti di anzianità bloccati sin dal 2013 (anno in cui è avvenuto l'ultimo accordo tra azienda e sindacato, ndr) rendendo il lavoro sempre più precario se non che inesistente".

"Tutto ciò non è assolutamente replicabile né sostenibile"- sottolinea Lumino ricordando che "ora, con il Jobs Act, il governo fa incentivi a pioggia dando sconti contributivi per il primo triennio di lavoro dipendente (ciò significherebbe penalizzare i lavoratori più anziani che rischiano prima di tutto il licenziamento, ndr)".

"Noi lo dicevamo da anni che dare quei contributi significava drogare il mercato del lavoro ma - conclude - continueremo a fare la nostra parte, così come il governo dovrà fare la sua".