In un momento nel quale il dibattito previdenziale stenta a placarsi con aggiornamenti e news che si susseguono a raffica appare opportuno fermarsi un attimo, tirare un respiro e ragionare su alcuni concetti che a volte si danno per scontati ma che a conti fatti non lo sono per nulla. Il caso pensioni precoci è tra i più complessi del momento: disinformazione e un pizzico di ignoranza da parte di molti degli attori in gioco impediscono spesso di capire quale sia la reale condizione di questa categoria lavorativa, che dal mazzo di proposte al momento al vaglio dell'Esecutivo per riformare la previdenza può sperare di pescare una sola carta.

Quella che conduce al prepensionamento con Quota 41. Parlare di prepensionamento dopo 41 anni di contributi e dunque di lavoro appare in effetti improprio ma questo è il termine che usano a Montecitorio e quindi questo è il termine al quale vogliamo rifarci per essere più chiari. Tanti se non tutti parlano di una riforma Fornero che non funziona ma raramente si entra nelle pieghe della legge. Cerchiamo di capire insieme che cosa preveda dando un'occhiata anche alle ultime stime fatte sui conti pubblici. Numeri che non possono essere un'opinione. I soldi per approvare la Quota 41 e le altre soluzioni ci sono e come.



Caso pensioni precoci e prepensionamento con Quota 41, ecco cosa prevede la riforma Fornero: i soldi per la manovra previdenziale ci sono

La vertenza pensioni lavoratori precoci è tra quelle che più di ogni altra è stata colpita dalla riforma Fornero che in primis, come ricorda anche l'analisi pubblicata dall'ANSA, ha introdotto il sistema di calcolo contributivo pro rata per tutti. Tradotto, le anzianità contributive maturate dopo il 31 dicembre 2011 sono computate per tutti i lavoratori con il sistema di calcolo contributivo. L'altro punto centrale riguarda l'età di vecchiaia per le donne salita a 63 anni e 9 mesi per il 2014-2015 che diventano 66 anni e 3 mesi per le lavoratrici del pubblico. E per gli uomini? La riforma Fornero ha chiuso per sempre la finestra mobile, ecco che considerata l'aspettativa di vita i lavoratori possono andare in pensione a 66 anni e 3 mesi. Uno sforzo umanamente impossibile per chi rientra nella casistica delle Pensioni per i lavoratori precoci che hanno iniziato a lavorare prima delle maggiore età. Per le uscite anticipate la situazione è ancora più delicata: non bastano più i famosi 40 anni di contributi, a partire dal 2014 sino a fine 2015 servono infatti 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini.



In apertura si faceva riferimento al caso pensioni precoci e al prepensionamento con Quota 41 come unica via possibile per l'abbandono dell'impiego. 'Non ci sono risorse' è il ritornello che continua ad opporre il governo Renzi, eppure a conti fatti i soldi ci sarebbero. Riferendosi all'ultimo anno di imposta, così come riportato anche da ilgiornale.it, tutti noi abbiamo versato 12,4 miliardi di euro tra IMU su seconde case e immobili strumentali e Tasi, senza contare i 2 miliardi di euro già incamerati dalla TARI, una cifra che salirà di altri 5 mld e mezzo da qui alla fine dell'anno. Nel 2015 l'IRES frutterà invece 9 miliardi, l'IVA 6,8 e l'IRAP 4, senza considerare l'IRPEF che alle imprese costerà qualcosa come 10,4 miliardi di euro. Il disegno Damiano (uscita a 62 anni più 35 di contributi) costerebbe attorno agli 8 miliardi di euro ma Boeri ha già detto che la misura è troppo onerosa. Eppure, stando ai conti su riportati, il denaro ci sarebbe. Per non parlare del rimborso sulle pensioni, col quale lo Stato ha restituito solo il 12% del maltolto dalla riforma Fornero. Forse i soldi ci sono, forse si vogliono solo impiegare per altro. Basterebbe dirlo senza illudere e ingannare tutti, più trasparenza in certi casi non guasterebbe.