Chi ha seguito da vicino la nascita e il percorso parlamentare della riforma Buona Scuola non può non essere al corrente delle 'forti ispirazioni' che la legge renziana ha tratto dagli ideali e dai principi dell'associazione Treelle, il 'think tank' che riunisce banche, industriali e potenti comitati cattolici e che si propone di migliorare l'educazione, la formazione e l'istruzione al fine di realizzare una società dell'apprendimento permanente, il cosiddetto 'Life Long Learning' (da qui il significato della sigla Treelle).

Un editoriale pubblicato ieri da 'IlSole24Ore' firmato da Attilio Oliva, presidente dell'associazione, non mancherà di creare polemiche e discussioni.

Oliva ha spiegato, infatti, che le proteste contro la riforma del governo sono scaturite da chi ha cercato in ogni maniera di mantenere inalterato l'attuale 'status' della scuola, a vantaggio di chi ci lavora, ma non certo di chi ci studia.

Riforma Scuola, Treelle e il suo 'sapevate che': qualcosa non torna

In una sorta di 'Lo sapevate che' Oliva snocciola tutta una serie di dati che, dietro un'attenta osservazione, hanno qualcosa di strano, non combaciando con i dati ufficiali Ocse.

Tanto per cominciare, il presidente di Treelle afferma che in Europa, l'Italia è la nazione con più insegnanti, uno su undici contro uno su quindici: in realtà, l'Ocse afferma che il nostro rapporto è 1:12 ed è perfettamente in linea (specie sulle scuole medie secondarie) con il resto del continente.

Soprattutto non è il rapporto peggiore in assoluto.

Oliva afferma che l'età media dei nostri docenti è di oltre 55 anni contro la media UE pari a 40 anni. Secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, invece, l'età media dei prof delle superiori è sotto i 52 anni e la media Ue superiore ai 40.



La nostra scuola, inoltre, secondo la Treelle, è quella con la maggiore percentuale di abbandoni (il 20 per cento) mentre, secondo l'Ocse, l'Italia figurerebbe davanti alla Svezia, al Lussemburgo e all'Austria con una percentuale dell'84 per cento di studenti delle superiori che riescono a completare il ciclo di studi.

Infine, secondo Attilio Oliva, le anomalie e i ritardi della nostra scuola non dipendono dalla carenza di risorse (viene riservato alla scuola uno sforzo finanziario pari al 3 per cento del Pil): invece, la media Ue è pari al 3,6 per cento e in più il governo ha previsto una diminuzione dello 0,2 per cento entro il 2020. Traete voi le logiche conclusioni, di fronte a questi dati.