Anche i dipendenti pubblici devono sottostare al Jobs Act varato dal Governo Renzi e sono soggetti, pertanto, alle regole del licenziamento. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza dello scorso 7 marzo, parificando i lavoratori del settore pubblico a quelli del privato. E’ Italia Oggi a darne notizia nell’edizione odierna, confermando le indiscrezioni scritte dallo stesso quotidiano economico più di un mese fa e definendo il ministro della riforma della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, una “unfit”, che tradotto letteralmente sta a significare una incapace a ricoprire il delicato ruolo di ministro.

Riforma Pubblica amministrazione Madia non può prescindere dal licenziamento del Jobs Act

La critica deriva dal fatto che la stessa Madia per mesi ha portato avanti la tesi che la riforma della Pubblica Amministrazione e lo strumento del Jobs Act nulla hanno di che spartire. E, pertanto, la norma contenuta nel Jobs Act che depenna l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori poteva essere applicata solo al settore privato, ma non al pubblico. Il giuslavorista Pietro Ichino ha smentito questa tesi già con la nascita del Jobs Act: la conferma è arrivata, poi, dalla Cassazione che ha decretato la cessazione delle tutele previste dall’articolo 18 già a partire dalla riforma Fornero e, dunque, la licenziabilità dei dipendenti pubblici al pari di quelli privati anche prescindendo dal Jobs Act.

Tirata d’orecchi (d’asino, secondo Italia Oggi), anche per il Premier Renzi che si scontrò, un anno fa, proprio con lo stesso Ichino sull’argomento e per il ministro Giuliano Poletti, secondo il quale la legge sul Jobs Act è stata fatta solo per il settore privato.

Docenti e statali licenziabili con il Jobs Act: ecco quali sono le cause

E, invece, non è cosi. La licenziabilità dei lavoratori del pubblico impiego è applicabile. Eccome. Pertanto, i dipendenti assunti a partire dalla sentenza della Cassazione dello scorso 7 marzo, possono essere licenziati senza giusta causa, per motivazioni economiche e senza che insorga l’obbligo del reintegro.

E, come tutti i dipendenti privati assunti con il Jobs Act, perderanno il posto di lavoro compensato da un risarcimento. La norma, pertanto, è applicabile anche a tutti i docenti che sono stati immessi in ruolo dopo il7 marzo: dunque, anche i circa 71 mila insegnanti immessi in ruolo con la Buona Scuola.