La riforma Scuola di Renzi funziona come vuole fare credere il Governo, o non va affatto come sostengono la maggioranza dei sindacati e dei docenti? Cosa c'è che non funziona come dovrebbe? In cosa potrebbe essere migliorata? A trattare la questione è stato un articolo apparso su Internazionale.it, che riassume diversi aspetti della riforma contestati. Traendo spunto da questo articolo, evidenziamo 8 punti.

Cosa non va nella riforma scuola di Renzi

La riforma scuola voluta a tutti i costi da Renzi ha portato (e dovrà ancora portare) tantissime novità.

Il problema sta nelle scelte fatte, che non sono state pienamente condivise dai diretti interessati. Riassumiamo il tutto in 8 punti.

  1. Soldi: i supplenti non ricevono lo stipendio regolarmente, nonostante le tante assunzioni. L'adeguamento mensile dello stipendio previsto dalla Legge di Stabilità è di circa cinque euro. Il bonus da 500 euro per la formazione, non solo ha escluso i precari, ma è stato considerato come un contentino al posto dell'adeguamento dello stipendio, che tutti avrebbero voluto (nei pieni diritti). Il bonus al merito ha problemi con la costituzione del comitato di valutazione, per cui diverse scuole hanno deciso di utilizzare il bonus per il fondo scuola o per dividerlo in parti eque a tutti gli insegnanti.

  2. I costi delle riforme: ogni volta che viene fatta una nuova riforma scuola, si dimentica di valutarne i risultati e trarre informazioni dalle esperienze già fatte (magari solo in alcune regioni). Non si mette in conto nemmeno il tempo e le energie spese per imparare la nuova burocrazia e partecipare alle riunioni.

  3. Squilibri strutturali: Renzi ha dimenticato che le scuole non sono aziende e la competizione in questo ambiente non è favorevole al risultato che si deve ottenere. Il rischio è che alcune scuole possano essere sempre meno qualificate e inclusive. Si sarebbe dovuto investire sulla formazione al Meridione, molto diversa rispetto a quella del nord. Anche il potenziamento poteva essere sfruttato in quest'ottica, invece di mandare altri insegnanti al Nord.

  4. Burocrazia: la scuola è più burocratica di prima e a poco serve l'innovazione tecnologica apportata.

  5. Lavoro: le assunzioni sono state fatte, ma la responsabilità di collocare i docenti del potenziamento è ricaduta sulle scuole, che in assenza di direttive precise li utilizzano come supplenti anche in materie in cui non sono abilitati. Figure tuttofare che andrebbero sostituite con figure specializzate. Questa sarebbe Buona Scuola.

  6. Il testo di legge: la legge 107 è la più prolissa di tutti i tempi, fa notare Walter Tocci. Lunga 25.134 parole, con 9 deleghe in bianco.

  7. Punti deboli: in un testo (che potete visualizzare su itasruiu.it/files/drago-download.pdf) Rosario Drago spiega come la legge 107 sia piena di punti deboli, in quanto viene data più autonomia ai dirigenti scolastici, ma senza modificare i poteri del consiglio d’istituto; viene promossa l’alternanza scuola lavoro, ma in aggiunta alle materie di studio o come “lavoro” estivo; si stabilizzano i precari, ma restano le supplenze e le graduatorie, e così via.

  8. Tecnologia: da utile si trasforma rapidamente in dannosa in una scuola dove manca la formazione degli insegnanti e il finanziamento per i laboratori scientifici e dove non tutti gli studenti hanno la possibilità di avere dimestichezza con apparecchi elettronici a causa delle condizioni economiche familiari.

Ma è vero che a questo elenco generale se ne potrebbero aggiungere a decine di punti, soffermandosi sui dettagli più o meno chiari di un'innovazione voluta in fretta, troppo in fretta. Resta aggiornato sulla scuola, cliccando il tasto Segui.