In attesa che dopo il primo incontro tra Governo e sindacati sul tema previdenziale, si proseguano a studiare soluzioni per la riforma pensionistica, resta da valutare se l’APE, la soluzione che ha partorito il Governo sia o meno fattibile. Una analisi del quotidiano il Sole 24 Ore ha dato risultati allarmanti su quello che aspetta i futuri pensionati, nel caso sia davvero l’APE il provvedimento di riforma da applicare alla nostra previdenza. Ecco tutte le notizie aggiornate, come funzionerebbe il provvedimento ed a quale penalizzazione sarebbero soggetti i pensionati.

L’APE vuol dire flessibilità in uscita

Riuscire finalmente a consentire ai lavoratori di poter scegliere quando uscire dal lavoro è una delle prerogative che devono essere inserite nel nostro sistema previdenziale. La riforma Fornero, con l’appesantimento dei requisiti per la pensione, con lo spostamento in avanti delle soglie necessarie per uscire dal lavoro ha pesantemente penalizzato i lavoratori che devono andare in pensione. Ecco perché da più parti, la riforma pensionistica è considerata obbligatoria ed è tanto attesa. Il Governo su questo tema è stretto tra due fuochi, cioè accontentare gli italiani e riuscire a non gravare troppo sulle casse statali che non possono sopportare le ingenti uscite di soldi pubblici di cui la flessibilità pensionistica necessita.

Il Governo sembra aver trovato un punto di incontro tra queste due necessità con l’APE, l’anticipo pensionistico. Con questa novità, verrebbe concesso l’anticipo della pensione ai lavoratori a partire dai 63 anni e la pensione sarebbe erogata sotto forma di prestito dalle Banche. In questo modo, la funzione dell’Inps si ridurrebbe a quella di garante del prestito e basta, con uscite di soldi pubblici pari a zero.

Pesanti penalità per i pensionati

L’APE non prevede nessun obbligo per il lavoratore, sarà lui a scegliere se e quanto anticipare l’uscita a partire dai 63 anni di età. Il problema, come riporta l’autorevole quotidiano politico-economico-finanziario citato prima, sono le pesanti penalizzazioni di assegno cui andrebbero incontro coloro che optassero per l’anticipo.

Per carità, anticipare la pensione necessita di un sacrificio da parte dei lavoratori ed è un punto fisso anche di tutte le altre proposte di riforma che sono state depositate, a partire da quella di Damiano per finire con il Presidente INPS, Boeri. Secondo il progetto dell’Esecutivo però, queste penalità sarebbero molto pesanti a tal punto da paventare il rischio che questa soluzione alla fine risulti essere di scarsa appetibilità per i pensionati.

Per esempio, i nati nel 1951, 1952 e 1953 che saranno i primi a poter sfruttare questa soluzione, se mai dovesse essere approvata, subirebbero tagli di pensione tra il 3 ed il 4%. Poco interessa poi che si pensa di applicare penalità variabili che vanno dall’1% per le Pensioni basse fino al 7% per quelle di importi più elevati.

Infatti, l’analisi del quotidiano sottolinea come un soggetto che sarebbe dovuto andare in pensione ad inizio 2019, con l’APE potrebbe uscire già ad inizio 2017. Questo lavoratore, oltre che alla penalità per l’anticipo, dovrebbe sottostare ad un altro taglio relativo all’applicazione del contributivo, che probabilmente sarà fatto applicando il coefficiente per l’età effettiva di uscita dal lavoro e non quello dell’età minima di accesso alla pensione di vecchiaia.

Inoltre, essendo erogata da una Banca e quindi in prestito, al pensionato resterebbe l’onere di restituire la pensione a partire dal 2019, cioè da quando inizierà a percepire la pensione come previsto prima dell’APE. In definitiva sembra che a questo pensionato il taglio di assegno possa arrivare anche al 18% che, ipotizzando, significa per pensioni da 1.500 euro al mese, un taglio di 270 euro al mese, pari a 3.510 euro annui. Chiamarlo salasso non sembra una definizione azzarrdata.