Nell’espletamento del suo mandato professionale, l’avvocato assume sempre l’incarico impegnandosi a fornire la prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non anche per conseguirlo. Il conferimento dell’incarico rientra infatti tra le obbligazioni definite “di mezzi” che si sostanziano nel dovere del professionista di tenere una condotta corretta ed attenta, tesa ed assicurare sempre un’esecuzione diligente nello svolgimento di ogni attività legata al mandato professionale. Ne consegue che in presenza di tali presupposti benché non si possa parlare di inadempimento, strettamente legato alla violazione del doveri di diligenza di cui all' 1176 comma 2 c.c., tuttavia l'onorario dell’avvocato può scendere sotto i minimi tariffari.

E’ questo in definitiva il principio di diritto espresso da una recente sentenza della Suprema Corte la n. 9619 dell’11 maggio 2016 che si è pronunciata appunto sulle ipotesi in cui è possibile procedere alla decurtazione del compenso del legale.

L’onorario del legale quando può scendere sotto i minimi tariffari?

Il punto di partenza della motivazione della Cassazione coincide con il richiamo al DM n.127/2004 che si riferisce al pagamento degli onorari, che vanno liquidati sulla base dell'apprezzamento in fatto del valore della controversia. Oltre a tali criteri, si può però tener conto anche dei risultati effettivi del giudizio e dei vantaggi conseguiti. Ed è proprio su tale ultimo inciso che si sono concentrati i giudici di legittimità per arrivare a precisare che il giudice può ridurre la parcella dell’avvocato anche sotto i minimi tariffari quando l’opera del legale ha comportato un risultato insoddisfacente e dunque modesto per il cliente, che non è riuscito quindi ad ottenere un tangibile e reale vantaggio anche non patrimoniale.

Ebbene tale deroga al criterio dello scaglione del valore effettivo della causa, peraltro in linea con gli scaglioni inerenti al tariffario dei difensori ,scatta tutte le volte in cui il cliente non consegue l'utilità che sperava di conseguire affidandosi ad uno specifico professionista del diritto. Ed in un momento in cui gli avvocati vivono tempi non troppo lieti, sarà il magistrato a giudicare la qualità della prestazione professionale dell’avvocato, tendendo conto appunto del risvolto giudiziario effettivamente conseguito.

La presente decisione dalla Suprema Corte sembra quindi aver decretato la fine di quell’automatismo (di cui finora si è fatto un uso costante) tra onorario del legale e valore della controversia. Le ripercussioni che ne conseguono, sebbene tale orientamento giurisprudenziale non possa ritenersi maggioritario, sono legate al fatto che il parametro per calcolare l’onorario può essere anche diverso, sia in positivo che in negativo, dal valore della controversia cui fa riferimento anche il codice di proc.

civile. Non solo quindi l’avvocato, in teoria, può vedersi riconosciuto una liquidazione degli onorari che può arrivare fino al quadruplo dei massimi previsti, se per la controversia di straordinaria importanza, abbia mostrato un alto grado di professionalità e competenza, ma altresì può vedersi decurtato l’onorario in presenza di alcune valutazioni. Valutazioni legate appunto all’insufficiente risultato raggiunto rispetto al contenuto del petitum ( o domanda introduttiva ) del giudizio e quindi al valore del “bene concreto” dopo sentenza. Come dire che la sua attività professionale sarà scrupolosamente giudicata e quindi regolata anche al momento del riconoscimento della parcella. Per altre info di diritto potete premere il tasto segui accanto al mio nome