L’Inps, in virtù dell'art. 54 della L n. 88 /1989, ha l’obbligo di comunicare all'assicurato che ne fa richiesta i dati relativi alla propria situazione pensionistica e previdenziale. Tale comunicazione ha dunque un valore certificativo della situazione contributiva del soggetto richiedente. Allo stesso modo anche l’articolo 52 L n. 88/1989 dispone che tutte le Pensioni possono essere sempre rettificate nel caso di errore commesso in sede di erogazione e liquidazione della prestazione. Ne consegue in tali ipotesi che l’INPS, qualora commetta un errore erogando a titolo di pensione somme maggiori rispetto a quelle realmente dovute dal pensionato, non si farebbe luogo al recupero delle somme erogate, sempre che l’indebita percezione sia dovuta a dolo del beneficiario.

La Corte di Cassazione, a tal proposito, con 2 recenti sentenze ha individuato le conseguenze a seguito della violazione da parte del’INPS del dovere di calcolare correttamente la pensione e di comunicare in modo esatto l’estratto ruolo contributivo

Responsabilità dell’INPS per l’estratto contributivo errato

Con la 1^ sentenza, la n. 8604 del 2 maggio, la Suprema Corte si è trovata ad affrontare il caso di un lavoratore che aveva proposto ricorso in Tribunale per vedere condannare l’INPS al risarcimento del danno per la mancata percezione della pensione per un determinato periodo in conseguenza dell’erronea comunicazione della sua situazione contributiva. I giudici di merito nel rigettare il suo ricorso hanno sottolineato che il prospetto contributivo, sul quale il lavoratore si era basato per vedere maturati i requisiti contributivi necessari per la pensione, non aveva valore certificativo (art.

54 della l n. 88/1989) avendo egli sbagliato ad accettare la risoluzione del rapporto di lavoro. Il lavoratore ha deciso di proporre ricorso in Cassazione sostenendo che l’atto proveniva comunque dall’INPS, che era il solo a dover rilasciare le certificazioni relative ai periodi di contribuzione dei propri assicurati. La Suprema Corte accogliendo il ricorso presentato dal lavoratore ha ritenuto che, in caso di erronea comunicazione al lavoratore dell’estratto conto contributivo, l’INPS risponde del danno derivatone per inadempimento contrattuale, salvo che provi che l’errore non è a lei imputabile.

Secondo gli Ermellini, posto che si tratta di una responsabilità contrattuale dell'Ente, esso sarà quindi tenuto a rispondere, se il documento contiene errori, risarcendo dunque il danno. L’affidamento di un iscritto all’INPS merita infatti tutela perché la PA ha un dovere di correttezza e buona fede, non dovendo mai tradire la fiducia di terzi e fornendo loro informazioni errate.

Inoltre, l’assenza di valore certificativo dell’estratto conto contributivo non rappresenta una causa di esonero dalla responsabilità gravante sull’INPS.

L’INPS e le ipotesi di restituzione della pensione non dovuta

Con la 2^ sentenza, la n. 8564 del 29 aprile, la Cassazione ha affrontato il caso di un pensionato che ha fatto ricorso in Tribunale chiedendo la declaratoria di irripetibilità delle somme erroneamente liquidate e corrispostegli dall’INPS, quale pensione di anzianità. Dopo che i giudici di merito hanno rigettato il suo ricorso il giudizio è finito in Corte di Cassazione che, nel caso di specie, ha sottolineato che dopo la rettifica della pensione, e quindi del provvedimento modificato, il pensionato che ha percepito rate di pensione non dovute non deve restituirle se non c’è dolo da parte dello stesso.

Secondo gli Ermellini inoltre non ha più rilevanza il tipo di errore, né il limite temporale dell’anno entro cui l’INPS può procedere alla rettifica e a ripetere le prestazioni eseguite. Il diritto a non restituire le somme erogate ha portata generale, ad eccezione delle somme erogate in forza di un provvedimento provvisorio. Ne consegue quindi che deve trattarsi sempre di un provvedimento formale, definitivo e comunicato prima al pensionato. Per altre info di diritto potete cliccaresuSegui.