L’APE è la novità previdenziale forse più importante dell’intero pacchetto messo a punto dal Governo in Legge di Bilancio. La manovra adesso è stata bollata dall’ufficio Ragioneria dello Stato ed è arrivata alla camera dei deputati dove si inizierà a passare in rassegna tutti gli emendamenti pervenuti, cioè le proposte di correttivo dei parlamentari. Appena il Parlamento approverà la manovra finanziaria, come di consueto entro la fine dell’anno,l'APE sarà realtà.Non tutti coloro che potranno lasciare il lavoro tramite l’APE però, saranno costretti a rendere alle banche i soldi della pensione anticipata, perché per molti di loro se ne occuperà lo Stato.

Parliamo dell’APE social, una sorta di prestazione assistenziale, una specie di ammortizzatore sociale mascherato da pensione che accompagnerà i beneficiari, dai 63 anni, che è l’età minima per l’APE, ai 66 anni e 7 mesi che è l’età stabilita dalle attuali norme per la pensione di vecchiaia.

Le due diverse tipologia di APE

In linea di massima l’APE è una misura divisa in due aree di impatto. Ne esiste una versione davvero previdenziale, che risponde alla necessità di flessibilità del sistema previdenziale. Si tratta dell’APE volontaria, dell’opzione lascata ai lavoratori di scegliere quando lasciare il lavoro a partire dai 63 anni, ma a loro spese. Questi soggetti potranno andare in pensione accettando l’APE con 20 anni di contributi, ma sapendo bene che dopo gli anni di anticipo, cioè quelli intercorrenti dall’uscita e fino ai 66 anni e 7 mesi in cui percepiranno la loro pensione per davvero, dovranno ridare indietro i soldi alle banche.

Si tratta di un prestito che in soldoni significa lasciare quasi il 5% per anno di anticipo, della futura pensione. Questo perché la pensione di vecchiaia che percepiranno, sarà decurtata della rata del prestito figlio dell’APE, naturalmente caricato di interessi e spese. Esiste invece la versione assistenziale della misura, cioè l’APE social.

In questo caso, al lavoratore e futuro pensionato viene erogato l’anticipo, sempre a partire dai 63 anni, ma la rata di prestito da restituire sarà pagata per loro conto dallo Stato. Questo perché sono soggetti bisognosi di aiuto, disoccupati, invalidi, con familiari invalidi a carico oppure alle prese con attività logoranti e troppo faticose.

Anticipo gratuito per disabili, ma quali?

Essendo un provvedimento, questo, che costa quattrini alle casse dello Stato, il Governo ha iniziato l’operazione “limitare i danni”. In pratica, paletto dopo paletto e requisiti sempre più stringenti per evitare di rendere la misura troppo onerosa per lo Stato. In primo luogo sono stati innalzati i requisiti contributivi per l’accesso all’APE nella versione social. Se per quella volontaria servono 20 anni di contributi, per la versione assistenziale invece ne servono 30. Anzi, per i lavoratori impegnati in attività faticose (maestre d’asilo, infermieri particolari, edili e così via), la soglia sale addirittura a 36 anni. Per i disoccupati non si sa ancora se verranno accettati tutti o solo quelli di llungo corso e soprattutto cosa intenderà il Governo per lungo corso.

Per i disabili tutto sembra chiaro perché servirà un grado di disabilità di almeno il 74%. Ma questi lavoratori, sono coperti da una serie di altre misure oggi in vigore che rendono l’APE loro destinata poco credibile. Per lavoratori con un grado di invalidità di almeno l’80%, si può lasciare il lavoro a 60 anni o addirittura 55 per le donne. Poi c’è l’assegno ordinario di invalidità che viene concesso a lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa di almeno 2/3. In questo caso, necessari solo 5 anni di contributi di cui 3 nei 5 anni precedenti la domanda di assegno. Inoltre, agganciandosi alla nuova Quota 41 per i precoci, molti di questi, con invalidità minima del 74%, facendo valere il bonus loro concesso, cioè due mesi di contributi in più ogni anno di lavoro svolto, potrebbero rientrare nella misura quota 41 senza aspettare i 63 anni per l’APE.