Spesso è l'Italia il Paese che viene descritto come il meno liberale e innovativo, dove le leggi sul rapporto di lavoro sono viste in modo particolarmente restrittivo e limitativo dello sviluppo imprenditoriale.

Con la diffusione sempre più capillare di App e social network stanno cambiando non solo le relazioni sociali ma anche e soprattutto l'approccio e le modalità di svolgimento del lavoro. Anche i giudici dovranno tener conto delle nuove tendenze ed interfacciarsi e risolvere nuovi potenziali problemi.

Sorprende quindi la decisione del Tribunale di Londra che ha considerato gli autisti di Uber - (la sturt up innovativa che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un'applicazione software mobile) - dei lavoratori subordinati e non dei lavoratori autonomi (in inglese self-employed).

Si tratta di una sentenza di primo grado che certamente verrà impugnata con ricorso in appello fino a trascinarsi probabilmente dino alla Corte Suprema di Londra se anche in secondo grado dovesse essere confermata, trattandosi di una pronuncia veramente controcorrente.

Le motivazioni del Tribunale di Londra

Secondo il Tribunale londinese, la struttura del rapporto lavorativo ha consentito di protendere per un rapporto di tipo subordinato: elementi essenziali sono stati la necessità di essere connessi alla App di Uber, la limitazione del perimetro territoriale della attività imposta dall'azienda Uber nonchè l'obbligo di accettare le chiamate. Pertanto, è stata sottolineata l'assenza del carattere dell'autonomia di cui godono invece i self-employed.

Il Giudice ha tuttavia evidenziato che Uber potrebbe comunque operare con lavoratori autonomi, ma dovrebbe cambiare lo schema proposto fino ad oggi.

Una sentenza in linea con i principi richiamati dai Tribunali italiani e che si possono così riassumere:

  • ogni prestazione di lavoro può essere indistintamente ricondotto al lavoro subordinato o autonomo, non esistendo nessun lavoro che rientri necessariamente nell'una o nell'altra categoria;
  • nel rapporto di lavoro autonomo il lavoratore deve essere effettivamente in grado di autodeterminare l'esecuzione della propria prestazione e/o se lavorare o meno, senza dover poi subire conseguenze negative.

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