L’accordo (e non il contratto vero e proprio) firmato mercoledì scorso, 30 novembre, tra il ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, e le tre maggiori sigle sindacali ‘unitarie’ del paese (Cgil, Cisl e Uil) rischia di rimanere solo sulla carta se non si troveranno al più presto 5 miliardi di euro (al momento ne è disponibile solo poco più di 1 miliardo) per le necessarie coperture. O almeno, è quello che pensano i sindacati di base come Usb e Usi, nonché il giornalista economico del Fatto Quotidiano, Carlo Di Foggia. Sul banco degli imputati anche l’obbligo, imposto da una sentenza della Corte Costituzionale, di rinnovare il contratto degli statali al palo dal 2009.

Strano che lo sblocco della infinita trattativa sia arrivato proprio a pochi giorni dal referendum costituzionale del 4 dicembre. L’Usb parla di “marchetta elettorale”.

I 5 miliardi fantasma

Secondo l’Unione sindacale di base (Usb), storica sigla di sinistra della galassia sindacale italiana, quella andata in scena mercoledì scorso tra ministero della PA e sindacati confederali è stata niente altro che una “marchetta elettorale al governo”, arrivata a poche ore dall’apertura delle urne referendarie. Susanna Camusso della Cgil, Annamaria Furlan della Cisl e Carmelo Barbagallo della Uil esultano definendo l’accordo sugli 85 euro lordi in più in busta paga (55 netti) come “un grande risultato delle sigle unitarie”.

La Camusso però precisa che “quello raggiunto è solo l’accordo che serve a sbloccare il contratto” e non il contratto vero e proprio (guarda il video). Anche secondo Di Foggia, il rinnovo del contratto del pubblico impiego al momento è solo una “cambiale senza coperture ma con molti impegni generici”. Vediamo perché.

Secondo le parole pronunciate dallo stesso ministro Madia il nuovo contratto vale “quasi 5 miliardi in tre anni”.

A questi vanno aggiunti “oneri” per un altro paio di miliardi. Attualmente, però, calcola Di Foggia, la legge di Bilancio appena approvata alla Camera ha stanziato 1,5 miliardi per il 2017 da cui vanno sottratti gli 80 euro destinati a militari e poliziotti, ma aggiunti 300 milioni della passata Finanziaria. Si arriva così a poco più di 1 miliardo.

Denari con i quali, calcola l’Unione sindacale italiana, si arriverebbe a 10-15 euro lordi di aumento mensile nel 2016 (circa 50 centesimi lordi al giorno di aumento), per salire a 18-25 nel 2017 (circa 70 centesimi al giorno).

Bisogna inoltre tenere presente che il contratto sarà a pieno regime solo all’inizio del 2019. E poi, le trattative concrete per il rinnovo dei contratti dei diversi comparti della PA avranno materialmente inizio solo dopo che la Madia avrà inviato le linee guida all’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), l’ente deputato per legge a rappresentare la PA come datore di lavoro, non prima della metà del 2017.