La Corte Costituzionale si pronuncerà il prossimo 11 gennaio 2017 sull’ammissibilità dei referendum sul Jobs Act richiesti dal sindacato Cgil con 3,3 milioni di firme raccolte. Dopo la consultazione popolare sulla riforma costituzionale si prospetta il rischio di un’altra batosta per il governo appena varato da Gentiloni e, soprattutto, per le velleità di ritorno di Matteo Renzi.

Uno dei primi argomenti da affrontare per il governo Gentiloni sarà, quindi, quello di come evitare lo scomodo referendum sul Jobs Act, caposaldo del governo Renzi.

Cosa vuole abrogare il referendum sul Jobs Act

La richiesta di referendum sul Jobs Act è stata presentata dalla Cgil su tre argomenti specifici:

  • abolizione della norma del Jobs Act che ha annullato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori;
  • cancellazione dei ‘voucher’;
  • ripristinare la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante, in caso di violazioni nei confronti del lavoratore.

Per ognuno di questi quesiti, già dichiarati legittimi dalla Cassazione lo scorso 6 dicembre, la Cgil ha raccolto 1,1 milioni di firme e spera ora in una sentenza di ammissibilità da parte della Consulta per giocarsi la possibilità di far saltare la riforma del lavoro varata dal governo Renzi.

Le ipotesi per evitare il referendum sul Jobs Act: torna l’articolo 18 o elezioni anticipate?

Nel caso in cui, il prossimo 11 gennaio, la Corte Costituzionale dichiari legittimi i quesiti referendari, il governo avrebbe l’obbligo di indire i referendum in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2017. Il tempo per evitare il rischio di una replica della batosta subita con la consultazione del 4 dicembre è, quindi, veramente poco. Un’ipotesi che pare farsi strada è quella di accelerare i lavori sulla legge elettorale in modo da indire elezioni anticipate il più presto possibile. In questo caso, infatti, i referendum verrebbero spostati di un anno non essendo possibile tenere nello stesso anno referendum ed elezioni politiche.

Ma il varo di una nuova legge elettorale non sembra essere una questione molto semplice; troppe le voci da accordare, a meno di un ritorno al Mattarellum, con il quale si è andati alle urne nel 1994, 1996 e 2001.

Rimane la strada delle modifiche al Jobs Act nella direzione richiesta dai quesiti dei referendum, con il ripristino dell’articolo 18, la cui abrogazione ha introdotto la possibilità dei licenziamenti per motivi economici, ed il ripristino della legge Biagi per quanto riguarda i ‘voucher’, che tornerebbero ad essere utilizzati solo per le attività occasionali ed accessorie per le quali erano stati introdotti.

Si tratta comunque di modifiche che suonerebbero come una ‘sconfessione’ del Jobs Act che, dopo la bocciatura popolare della riforma costituzionale, la presa di distanze dello stesso Renzi sulla Buona Scuola e la parziale bocciatura della riforma della Pubblica amministrazione da parte della Consulta, certificherebbe definitivamente il fallimento della ‘svolta’ annunciata dall’ex premier.