I dati presentati si riferiscono a quelli pubblicati direttamente dal Ministero dell’Economia, a proposito dell’inflazione dal 2007 al 2015. Nel dettaglio, tale inflazione si è contraddistinta con un aumento pari al 13,5%; di contro, l’aumento medio degli stipendi nello stesso periodo si attesta al 7,8%. La differenza tra i due dati porta a uno sparuto 5,7% in meno ai danni dei lavoratori del pubblico impiego.

Stipendi dipendenti pubblici: 'i dati non tornano'

Uno dei maggiori problemi che si vive nel comparto del pubblico impiego è relativo al passivo tra l’attuale costo della vita e gli stipendi medi dei pubblici dipendenti.

Da quello che viene diramato in queste ore dal Ministero dell’Economia, si chiariscono in percentuale le differenze in negativo tra i due dati.

Su questo versante il sindacato professionale Anief ha promosso una denuncia circostanziata che mette in risalto l’esiguo incremento degli stipendi medi di tutto il comparto pubblico, a fronte dell’aumento esponenziale del costo della vita nel periodo 2007 – 2015. Questa situazione anomala ha determinato un disavanzo medio, ai danni degli impiegati del comparto pubblico, pari a circa il 6%. Lo stesso sindacato, avverte anche che nel futuro, almeno fino al 2021, lo stato delle cose non cambierà.

A tal proposito, Marcello Pacifico, Presidente Anief attraverso una nota dichiara: «Il problema è che lo stipendio rimarrà sostanzialmente fermo fino al 2021, per colpa del blocco dell’indennità di vacanza contrattuale e del primo gradino stipendiale per i neo-assunti dal 2011, a seguito del CCNI firmato dai sindacati».

Continua Pacifico: «Anief sta depositando i ricorsi per recuperare come aumento da settembre 2015 la metà del costo dell’inflazione prevista per legge (13,5%) e certificata dalla Ragioneria dello Stato e per garantire la progressione di carriera a tutti fin dal terzo anno di servizio nel rispetto del principio della parità retributiva e della giurisprudenza comunitari».

Rinnovo del contratto: i sindacati chiedono la ratifica dell'accordo del 30 novembre 2016

A questo strano fenomeno si aggiunge poi l’ulteriore anomalia, ovvero la richiesta del rinnovo contrattuale che, purtroppo, i dipendenti del pubblico impiego attendono inutilmente da troppi anni, senza un’adeguata risposta. Un cambio di rotta, si è avuto lo scorso 30 novembre 2016 in occasione della firma dell’accordo tra i sindacati e la ministra della Pubblica Amministrazione Marianna Madia.

Quell’accordo, ricordiamolo, rimarrebbe solo carta straccia se non arrivasse definitivamente in porto, cioè se non venisse avviata e conclusa la trattativa tra l’Aran e le sigle sindacali. Portare a termine quello che è stato iniziato il 30 novembre scorso significherebbe sbloccare finalmente i contratti dei lavoratori delle Pubbliche amministrazioni, fermi da più di sette anni. In quell’accordo il dato apprezzabile (secondo i sindacati firmatari) era relativo all’aumento contrattuale mensile medio, pari a 85,00 euro lordi. Le stesse sigle sindacali, in questi giorni, stanno chiedendo a gran voce a questo governo l’attuazione immediata di quell’accordo, in quanto, perdere ulteriore tempo provocherebbe aggiuntivi problemi per i lavoratori, visto il loro scarso potere d’acquisto a fronte degli aumenti crescenti del costo della vita già osservati dai primi giorni del 2017.

Comparto Scuola: 'stipendi fermi al 2007'

Per quanto riguarda, infine, gli stipendi medi degli insegnanti facenti parte del comparto della scuola pubblica, il sindacato Anief affonda le sue critiche verso l'attuale governo, denunciando apertamente la perdita, da parte dei professori, di circa 800 euro l’anno, ritornando per questo ai livelli stipendiali del 2007. Marcello Pacifico, su questo argomento è chiaro: «… i dipendenti della scuola pagano lo stipendio fermo dal 2009 e la contrazione progressiva degli incentivi per lo svolgimento di attività extra all’attività didattica, con lo stesso Fondo d’Istituto, oggi pari alla metà dello stesso del 2011».