La Legge di Bilancio con all’interno il pacchetto previdenziale è entrata in vigore dal 1° gennaio. Adesso, ogni singolo provvedimento inserito nella manovra, attende i classici decreti attuativi che fanno partire, chiarendo tutti gli aspetti, le misure previste. Per qualcuna invece, la Legge di Bilancio ha decretato la data di avvio, cioè nella misura è stata inserita la data a partire dalla quale, potrà essere sfruttata dagli italiani. Le due novità previdenziali più importanti sono APE e Quota 41 e consentiranno a molti di lasciare il lavoro in anticipo, soprattutto invalidi e disoccupati.

Queste due misure non partiranno immediatamente, ma il 1° maggio, il giorno della festa dei lavoratori.

Le novità per gli invalidi

L’APE in parole povere è il prestito pensionistico erogato da una banca a tutti i soggetti che hanno 20 anni di contributi e almeno 63 anni di età. Le persone che si troveranno a centrare i due requisiti dal prossimo 1° maggio, potranno lasciare il lavoro ottenendo un finanziamento bancario costituito da 12 mensilità come fosse una pensione. Abbiamo sottolineato 12 mesi perché l’APE non prevede tredicesima. Il problema è che una volta raggiunta l’età che permette di andare davvero in pensione di vecchiaia, cioè 66 anni e 7 mesi, ai pensionati toccherà restituire alla banca il prestito ottenuto a partire dai 63 anni.

Il tutto con rate mensili trattenute sulla pensione, con l’INPS a fungere da tramite, sia per l’erogazione immediata del prestito, sia per la sua restituzione, con interessi e oneri accessori (assicurazioni). Per gli invalidi invece, il Governo ha pensato bene di creare una forma assistenziale di APE, quella sociale, con lo Stato che si accollerà la restituzione del prestito, garantendo con il meccanismo delle detrazioni fiscali, la pensione piena ai beneficiari.

Per poter rientrare nell’APE sociale però, questi invalidi devono avere almeno 30 anni di contributi versati a partire dal prossimo 1° maggio e devono avere una invalidità certificata pari almeno al 74%. Per quelli invece che non hanno ancora compiuto 63 anni ma che si trovano storie lavorative e contributive piuttosto lunghe, si potrà sfruttare, sempre da maggio, la quota 41.

In questo caso, a prescindere dall’età anagrafica, un invalido con il 74% minimo di disabilità certificata dalle ASL, se ha almeno 41 anni di contributi versati, dei quali almeno uno (anche non consecutivo) versato prima dei 19 anni, potrà ottenere la pensione anticipata immediatamente.

Senza lavoro ma di lunga data

L’APE, anche nella versione sociale è un provvedimento sperimentale, mentre quota 41 entra nel sistema e mette le radici, essendo una misura strutturale. Le due vie che nel capitolo precedente, abbiamo visto che sono appannaggio di invalidi, si possono applicare a determinati disoccupati. L’APE sociale, sempre a partire dai 63 anni e con 30 anni di contributi, può essere fruibile anche dai disoccupati.

In questo caso però, l’assenza di impiego deve essere di lunga durata. Infatti, un requisito richiesto è che il disoccupato deve aver terminato di percepire completamente le indennità e gli ammortizzatori sociali per i senza lavoro, come la mobilità o la Naspi. La data che fa fede è quella della presentazione dell’istanza di APE, pertanto, i 3 mesi di assenza completa di copertura reddituale devono essere i 3 mesi precedenti alla presentazione della domanda di pensione. Lo stesso vale per coloro che hanno 41 anni di contributi di cui uno prima dei 19 anni di età, cioè i precoci. La pensione anticipata con quota 41 può essere erogata a disoccupati con le medesime caratteristiche di quelli a cui assegnare l’APE agevolata.