La naspi è il sussidio unico per disoccupati che è nato nel 2015 e che da quest’anno ha sostituito anche la mobilità. In pratica, l’unico incentivo per chi perde il lavoro e che rispetta determinati requisiti di accesso, risulta la Naspi. La materia è particolare in quanto, le novità per il 2017, che hanno trasformato l’istituto, da semplice sussidio economico, in strumento di inclusione lavorativa, ne hanno cambiato, oltre alla natura, anche i requisiti per l’accesso al sussidio e per continuare a percepirlo.

Cosa significa perdita involontaria del lavoro

Un primo stringente requisito è insito nella struttura stessa del sussidio, come lo era anche per i suoi predecessori, ASPI, MiniASPI e Requisiti Ridotti. In pratica, la perdita del lavoro deve essere involontaria, cioè non deve essere una scelta del lavoratore, ma deve provenire dall’azienda. Bisogna essere licenziati, cioè deve essere il datore di lavoro, per fine contratto, per crisi economica, per fallimento o per riduzione del lavoro, a porre fine al rapporto con il dipendente. In tutti i casi in cui sia il lavoratore a scegliere di lasciare il proprio posto di lavoro, quindi, rassegnando le dimissioni, la Naspi non può essere erogata. Lo stesso per la risoluzione consensuale tra datore di lavoro e lavoratore, anche se rientra in un piano di incentivazione all’esodo.

La risoluzione consensuale, in riferimento al requisito per la Naspi, può accostarsi di più alle dimissioni che al licenziamento, a maggior ragione se sono state incentivate da erogazioni in denaro da parte della ditta. Solo per i casi di dimissioni per maternità o per le dimissioni per giusta causa, queste danno diritto alla Naspi.

In questo caso però, bisogna recarsi all’Ufficio Territoriale per il Lavoro che deve ratificare le dimissioni valutandole come giuste. Esempi pratici sono le dimissioni date perché il datore di lavoro non eroga lo stipendio o perché assume comportamenti tali da rendere difficile la permanenza al lavoro del dipendente.

La Naspi in sintesi

Altri requisiti necessari, come riporta il sito dellInps nella slide illustrativa della Naspi per il 2017 sono le 30 giornate lavorative svolte nell’anno precedente la domanda e le 13 settimane di contribuzione versata nel quadriennio precedente la data di perdita del lavoro. I 4 anni diventano fattore importante anche per quanto concerne la durata e le cifre del sussidio. La Naspi può essere percepita per un numero di settimane pari alla metà di quelle effettivamente lavorate nel quadriennio precedente. Sono utili al calcolo, tutte le settimane che non sono state utilizzate per altri sussidi negli anni precedenti. Questo paletto è quello che viene contestato da una delle categorie che più utilizza la Naspi, cioè gli stagionali.

Per loro, il Governo anche nel 2017 ha stabilito che la durata dell’indennizzo loro concesso sarà allungato di un mese, come risarcimento all’anomalia normativa che di fatto penalizza questi lavoratori. Gli importi invece sono pari al 75% dello stipendio previdenziale medio negli ultimi 4 anni, con un importo massimo di 1.300 euro al mese.

Patto di servizio

Coloro che hanno già presentato domanda di disoccupazione, si saranno accorti che qualcosa è cambiato. Infatti, dal 2017, chi perde il lavoro deve recarsi all’Ufficio di Collocamento per iscriversi e per sottoscrivere il patto di servizio. Solo dopo aver espletato questi due adempimenti, potrà presentare domanda di Naspi. Il patto di servizio è la dichiarazione di disponibilità a partecipare ai percorsi di qualificazione e di ricollocamento lavorativo che il centro per l’Impiego metterà a disposizione dei disoccupati.

La presenza agli incontri o l’accettazione di congrue proposte lavorative anche di pubblica utilità, sono necessari per continuare a fruire della Naspi. Un rifiuto o una assenza alle proposte, portano alla riduzione degli importi del sussidio e le sanzioni arrivano fino alla revoca per i casi di reiteratezza.