Aboliti i voucher, a partire dal primo gennaio 2018, la soluzione alternativa per i giovani in cerca di Lavoro potrebbe essere rappresentata dal cosiddetto contratto a chiamata che evoca le forme del contratto di lavoro occasionale. Introdotto grazie alle legge Biagi, poi modificato dal Jobs Act del Governo Renzi, il contratto a chiamata è spesso definito anche come contratto a intermittenza o, in lingua inglese, 'Job on call'. Provvediamo adesso ad illustrare tutti i dettagli della tipologia di contratto in questione.

Durata del contratto a chiamata

Come ricordano le previsioni normative contenute nell'art. 13 del decreto legislativo 81/2015, il contratto a chiamata è da intendersi come quella tipologia di contratto, anche a tempo determinato, attraverso la quale il datore di lavoro può ricorrere alla prestazione lavorativa in modo discontinuo o, appunto, intermittente sulla base delle necessità individuate dai contratti collettivi. Per quanto riguarda la durata del contratto lo stesso è ammesso, tra ogni lavoratori con lo stesso datore, per un periodo non superiore alle 400 giornate di lavoro nel periodo massimo di tre anni solari. Si fa eccezione per i settori dei servizi pubblici, dello spettacolo e del turismo dove, qualora venisse superato il periodo massimo, il rapporto si trasforma automaticamente in tempo pieno e indeterminato.

Soggetti che possono stipularlo

Questa forma contrattuale può essere stipulata esclusivamente con giovani al di sotto dei 24 anni e con lavoratori che abbiano già compiuto i 55 anni di età. Per quanto riguarda i primi la norma prevede esplicitamente che le prestazioni lavorative debbano essere svolte entro il 25esimo anno di età.

Non ci sono invece limiti per la seconda categoria di lavoratori.

Retribuzione prevista dal Job on call

Il contratto a chiamata prevede una retribuzione analoga a quella prevista per un lavoratore di pari livello. Tutto questo è possibile nonostante il lavoratore assunto con contratto intermittente sia sottoposto appunto ad una disciplina contrattuale diversa da un lavoratore di pari livello a tempo pieno ed indeterminato.

Il ragionamento si estende ovviamente anche ai congedi di maternità e parentale, agli infortuni, ai trattamenti per malattia e vale anche per le ferie.

Malattia, comunicazione al datore di lavoro

Nel caso ci fossero eventi che impediscono di rispondere alla chiamata o, più in generale, in caso di malattia, la normativa vigente prevede l'obbligo in carico al lavoratore di informare in maniera tempestiva il proprio datore di lavoro indicando la durata precisa dell'impedimento. In questo caso non matura il diritto all'indennità di disponibilità. Se non viene rispettato questo obbligo, il lavoratore perde il diritto all'indennità per quindici giorni.

Figure escluse dal contratto a intermittenza

Secondo le previsioni del decreto legislativo il contratto a chiamata non si può applicare:

  • Per sostituire lavoratori che intendano esercitare il diritto di sciopero;
  • Se il datore di lavoro ha effettuato, nell'arco dei 6 mesi precedenti, licenziamenti collettivi, cassa integrazione o sospensioni del lavoro;
  • Per quei datori di lavori che non abbiano valutato i rischi in merito alle normativi di tutela della salute e di sicurezza dei dipendenti.

Tra gli obblighi in carico ai datori rientra anche la comunicazione che gli stessi sono tenuti a fornire alle organizzazioni sindacali o alle rappresentanze sindacali unitarie circa eventuali ricorsi al contratto a chiamata.