Ormai sono oltre 7 anni che i lavoratori statali, senza distinzione di comparti o settori, hanno il loro contratto bloccato. Anno dopo anno e Governi dopo Governi, la situazione non si è sbloccata. Non è bastata neanche la ormai famosa sentenza delle Corte Costituzionale che dichiarò incostituzionale il blocco della Fornero, a velocizzare i tempi di attuazione di un rinnovo che sembrava necessario. Nelle ultime ore però, qualcosa è cambiato, con la riforma della PA targata Madia che ormai, si può definire completata. Il Premier Gentiloni, insieme ai Ministri Madia e Padoan, ha firmato il decreto che stanzia le risorse per dare vita, finalmente, al tanto agognato rinnovo.

Cosa manca agli statali?

Come dicevamo, lo stipendio degli statali è fermo ormai dal 2010. Prima lo stop agli scatti di anzianità voluti dal Ministro Brunetta dell’allora Governo Berlusconi, poi il sacrificio chiesto dal Governo Monti e dal Ministro Fornero, sull’altare dello spread e della crisi. Sono questi i fattori che hanno portato i lavoratori pubblici a perdere potere di acquisto delle loro buste paga. Si stima che si sia ridotto del 10% il potere di acquisto dello stipendio di ogni singolo lavoratore. Se al salario fermo da 7 anni, si aggiunge la vacanza contrattuale che non è mai stata pagata, il danno è ancora maggiore. Infatti, la Legge italiana prevede che ad ogni lavoratore venga accreditato il 30% del tasso di inflazione annuale stimato dall’ISTAT, come aumento di stipendio nei periodo in cui c’è un vuoto contrattuale, cioè tra un rinnovo e l’altro.

Quanti soldi ci sono nel piatto?

A novembre del 2016, sindacati e Governo si erano lasciati firmando una intesa di massima proprio in materia rinnovo. Si parlava di 85 euro di aumento medio pro capite, anche se a dire il vero, le distanze tra richieste e proposte erano ancora larghe. Già sulle 85 euro, i sindacati chiedevano di renderli fissi per tutti, mentre il Governo intendeva considerarli in media.

Inoltre, le parti sociali chiedevano stanziamenti da 8 miliardi, una cifra su cui il Governo mise subito un veto, per via delle coperture. I soldi chiesti dai sindacati, secondo i loro portavoce, erano quelli che avrebbero azzerato quanto perduto in questi anni dai lavoratori. Il decreto sottoscritto dal Governo stanzia 2,5 miliardi di euro al capitolo rinnovo.

La stessa cifra sarà quella messa nel piatto dalle Regioni. In pratica, 5 miliardi da destinare ai lavoratori, cifra inferiore a quella richiesta dai sindacati, ma in perfetta linea con l’intesa di fine 2016.

Che cifre finiranno ai lavoratori?

I 5 miliardi sembrano sufficienti a confermare quanto si diceva prima, cioè l’aumento previsto dall’intesa Governo-parti sociali. Saranno 85 euro di aumento medio per lavoratore e con tutta probabilità arriveranno entro fine anno. In una recente intervista al Messaggero, il Ministro Fedeli ha confermato i tempi, visto che presto, il decreto dovrebbe passare alle Commissioni Parlamentari per la valutazione e l’approvazione delle Camere. L’aumento si differenzierà, con tutta probabilità, in base ai comparti ed alla professionalità del lavoratore.

In definitiva, ci saranno lavoratori che avranno aumenti più cospicui ed altri che si dovranno accontentare. Per i docenti, per esempio, si parla di 100 euro di aumento a testa, ma bisogna attendere ancora conferma. Sarà l’ARAN, l’Agenzia incaricata dalla Madia, a dover completare l’operazione accordo con i sindacati e se dal punto di vista delle coperture finanziarie tutto sembra definito, ci sono invece dei nodi da sciogliere, primo tra tutti, la data di partenza della validità del nuovo contratto. I sindacati da sempre rivendicano come data utile, quella della sentenza della Consulta. Il Governo invece, inizialmente parlava del 1° gennaio 2016. Ma le cifre basterebbero per saldare anche i cospicui arretrati che i lavoratori hanno già maturato?