Il 2016 l’Italia ha fatto registrare un altro minimo storico di nascite mentre un quarto degli abitanti ha più di 65enni. E i giovani, che dovrebbero contribuire all’arricchimento del Paese, non trovano lavoro e sono in una condizione disperata. Chi resta vive alle spalle di altri o con un reddito minimo che non consente loro di immaginare un progetto di vita e di famiglia. In molti vanno via, con il risultato che reddito, tasse, e figli vanno ad arricchire le statistiche di altri Paesi.

E’ solo l’ultimo allarme!

L’ultimo rapporto ISTAT è solo una conferma di un trend che va avanti da anni e che dovrebbe preoccupare i nostri governanti, i quali dovrebbero immediatamente mettere in atto politiche sociali per i giovani e per la famiglia, al fine di contrastare questo fenomeno.

Ma la politica italiana, si sa, ha altre priorità.

Nel 2016 in Italia sono stati registrati 474mila nascituri (nel 2015 erano circa 486mila, quindi un calo del 2,4%), facendo scendere il numero medio di figli per donna a 1,34. Un dato in decrescita da ben sei anni consecutivi. A fare più figli sono le mamme ultra-30enne con un’età media al parto di quasi 32 anni. E questo è facilmente intuibile considerato come è strutturata la nostra società. Ulteriore dato che deve far riflettere: 1 bambino su 5, dei nuovi nati, ha almeno un genitore non italiano.

Sull’altro fronte, aumenta la vita media. Al 1 gennaio 2017, la vita media della popolazione italiana era di 44,9 anni (aumentata in un anno di circa 2 mesi e mezzo).

Le persone in età di pensione, ovvero che hanno superato i 65 anni, sono oltre 13,5 milioni (22,3% dell’intera popolazione). Gli ultra-90enni sono 727mila (1,2% dei residenti).

Impatto drammatico e prospettive preoccupanti

Questi numeri fotografano la condizione di un Paese in grande difficoltà, con una tendenza che vede sempre più giovani abbandonare il posto dove sono nati per cercare fortuna altrove.

Nel 2015, 147mila italiani sono emigrati verso Regno Unito, Germania e altri Paesi. Di questi ben 23mila erano giovani laureati. E chi resta fa sempre meno figli.

Questo si porta dietro una serie di problemi che non sono solo di tipo demografico ma hanno ripercussioni in termini previdenziali e sociali. Soprattutto perché vanno via persone qualificate, molti con una laurea in tasca, per essere rimpiazzati da immigrati che, nelle condizioni disperate in cui si trovano, accettano qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione, dequalificando la società.

Tra l’altro questi soldi non rimangono neanche da noi ma vanno nei Paesi delle famiglie di origine di questi immigrati.

Esattamente il contrario di quella che doveva essere la condizione auspicabile, ovvero attuare politiche che attirino verso il nostro Paese persone qualificate come, ad esempio, gli studenti stranieri che potrebbero venire a studiare presso le nostre università, o frequentare master post universitari, fare stage lavorativi o venire a imparare la nostra lingua. Tutte occasioni che, oltre a portare reddito ed esperienza, favorirebbero l’inserimento di nuovi cittadini, ovvero persone che dopo qualche anno decidono di stabilizzarsi nel nostro Paese.

E poi gli anziani. Un allungamento della vita media è una buona notizia, e l’Italia vanta una longevità tra le più elevate al mondo.

Ma, per mantenere una società in equilibrio, questo fenomeno dovrebbe essere compensato con un numero maggiori di figli che lavorano, producono reddito e pagano le tasse. Soldi che servono a garantire servizi per tutti e a pagare le pensioni. Tutto questo da noi non c’è.

L’epilogo di questo scenario è che la popolazione italiana si riduce: al primo gennaio 2017 eravamo 60 milioni e 579mila, ben 86mila italiani in meno rispetto al primo gennaio 2016. Mentre la speranza di vita aumenta: per gli uomini è di 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014) mentre per le donne è di 85,1 anni (+0,5 e +0,1). Un cambio di tendenza non solo è necessario ma assolutamente improrogabile.