Il decreto che pochi giorni fa ha sottoscritto Gentiloni si riferisce all’APE sociale, in via del tutto esclusiva. L’APE volontario non è entrato nel decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri e che adesso è in Consiglio di Stato per proseguire il suo naturale iter. L’attesa resta tanta per quella che rappresenta la misura spesa dal Governo per la richiesta di flessibilità del sistema previdenziale. L’APE però ormai è pronta e presenta numerosi punti che vanno chiariti meglio e interpretati al fine di consentire agli eventuali beneficiari, di capire bene di cosa si tratta.

Le novità da maggio

A partire da maggio, lavoratori pubblici e del settore privato, che hanno compiuto almeno 63 anni di età, potranno godere di tre nuove vie per anticipare la pensione di vecchiaia che altrimenti avrebbero preso a 66 anni e 7 mesi. L’APE volontario e sociale e la RITA. Partendo da quest’ultima misura, bisogna dire che essa è fruibile solo da coloro che hanno versamenti nelle casse previdenziali integrative e che da maggio potranno richiedere l’anticipo di tutto o di una parte di quanto messo da parte per integrare la propria pensione. L’APE invece rappresenta una scorciatoia rispetto alla pensione di vecchiaia ed è erogata dall’INPS, ma finanziata da una banca. Il lavoratore otterrà per tutti gli anni mancanti alla quiescenza di vecchiaia, una rendita mensile pari alla pensione maturata alla data di presentazione della richiesta di certificazione del diritto all’APE.

Una rendita sotto forma di prestito bancario, dove l’INPS funge solo da tramite, tra l’istituto di credito ed il lavoratore. Una rendita mensile (12 mesi all'anno) non trasferibile a causa di morte del pensionato e fissa per tutti gli anni di incasso, cioè non rivalutabile in base alla perequazione. Finito il prestito, il soggetto beneficiario lo restituirà alla banca con trattenute sulla pensione per la durata totale di vent' anni.

Per chi è disoccupato, oppure invalido o con invalidi a carico, il prestito sarà coperto dallo Stato perché a loro è destinata l’APE sociale. Lo stesso per chi rientra, come attività lavorativa, tra le undici categorie di lavori gravosi tra i quali, gli edili o le maestre di asilo. I contributi necessari per l’APE variano in base alle categorie di soggetti richiedenti l’anticipo e sono al netto di quelli figurativi:

  • 20 anni per l’APE volontario;
  • 30 anni per disoccupati e invalidi;
  • 36 anni per lavori gravosi;

Un calcolo complicato

Oltre che di requisiti particolari, l’APE è caricata di una serie di paletti, altrettanto particolari.

Per i disoccupatiè necessario aver perso il lavoro per licenziamento, perché forme di perdita di lavoro come la scadenza di un contratto a termine non da diritto all’APE sociale, ma bisognerà richiedere quella volontaria. Inoltre, il disoccupato deve avere terminato di percepire la NASPI, cioè l’indennità di disoccupazione, da almeno tre mesi. Gli invalidi, anche quelli a carico, devono essere con riduzione della capacità di lavoro di almeno il 74%. Ai lavori gravosi invece, viene chiesta la continuità lavorativa in 6 degli ultimi 7 anni di lavoro. Per chi sceglie la via dell’APE volontario, la propria condizione reddituale e di indebitamento è molto importante. La rata di trattenuta una volta andati per davvero in pensione, non può superare il 30% dell’importo della pensione stessa.

In altre parole, la pensione minima che il soggetto andrà a percepire dopo l’anticipo, deve essere di almeno 702,65 euro. Non si potrà ottenere l’APE, se mutui per la casa, cessioni del quinto o altri debiti contratti, ridurranno in misura superiore al 30%, la pensione futura. A detonare il forte indebitamento del richiedente l’APE c’è una detrazione fiscale del 50% relativa agli interessi ed alle spese assicurative da pagare sul prestito e dei limiti massimi di rendita erogabile con l’anticipo. L'anticipo massimo concesso sarà di 1.500 euro, anche se il giorno dell’istanza, il soggetto richiedente, in base ai contributi versati, poteva percepire di più. Il calcolo dell’APE infatti si basa sui contributi versati e varia in base all’età del lavoratore il giorno della richiesta.

Tutto questo per evitare che si creino futuri pensionati iper indebitati e poveri. Le percentuali di APE richiedibili sono:

  • 75% della pensione spettante per soggetti tra i 63 ed i 63 anni e 7 mesi;
  • 80% della pensione spettante per soggetti tra i 63 anni e 7 mesi ed i 64 anni e 7 mesi;
  • 85% della pensione spettante per soggetti tra i 64 anni e 7 mesi ed i 65 anni e 7 mesi;
  • 90% della pensione spettante per soggetti a meno di un anno dai 66 anni e 7 mesi.