Con l’inizio della stagione estiva e turistica, milioni di lavoratori del settore si apprestano ad iniziare i periodi di lavoro che poi utilizzeranno per percepire le indennità di disoccupazione. La naspi è l’indennità unica per disoccupati che eroga l’Inps. La storia degli stagionali e dell’indennità NASPI è nata tra le polemiche circa le evidenti discriminazioni a cui sono stati oggetto in sede di lancio del sussidio. Ecco alcuni chiarimenti utili, soprattutto in termini di requisiti per l’accesso alla misura.

Durata ed importi

Per il 2017, il Governo non ha ancora messo in atto alcun intervento a tutela dei lavoratori di stabilimenti termali, alberghi, ristoranti o villaggi turistici, tanto per citare alcuni dei classici lavori da stagionali.

La durata della NASPI è pari alla metà delle settimane lavorative che un soggetto può far valere nei 4 anni precedenti l’avvenuta perdita di lavoro. Questo, escludendo dal computo i periodi di lavoro che hanno già fatto percepire ai lavoratori, vecchi sussidi di disoccupazione negli anni precedenti. Per gli stagionali, una specie di doccia fredda, essendo loro, tra i soggetti che ogni inverno, percepiscono la disoccupazione figlia del periodo di lavoro estivo. In definitiva, la durata massima consentita ad un abituale lavoratore stagionale sarà della metà del periodo di lavoro svolto in questa stagione estiva. Probabilmente verrà confermato l’aumento di un mese di incentivo come successe lo scorso anno, a parziale detonazione dell’evidente penalizzazione che subiscono i lavoratori.

Anche gli importi si basano sulle medie retributive del quadriennio precedente, erogando il 75% di tale media fino ad un massimo di 1.300 euro al mese. Dopo il terzo mese di incasso del sussidio, lo stesso si riduce del 3% per mese. La domanda va presentata all’INPS dopo essere stati licenziati e dopo essersi iscritti al collocamento.

La novità 2017 è quella relativa al nuovo indirizzo che prende l’indennità, che da semplice fonte di sostegno reddituale, diventa misura di inclusione lavorativa. Al collocamento bisogna sottoscrivere il patto di servizio e partecipare ai programmi personalizzati messi a punto proprio dal Centro per l’Impiego, o ad accettare congrue proposte di lavoro.

La mancata partecipazione o accettazione di proposte, porta alla revoca del sussidio.

Casi particolari

Un requisito oggettivo per la domanda di NASPI è la perdita di lavoro che non deve essere volontaria. Come sempre le dimissioni dal proprio posto di lavoro non danno diritto alla disoccupazione perché decade il principio della perdita involontaria del lavoro. Novità spiegata dall’INPS tra le FAQ presenti sul sito ufficiale è che neanche la perdita di lavoro figlia di accordi aziendali e di esodo incentivato sia utile alla presentazione della domanda. Anche in questo caso, si tratta di una perdita di lavoro non involontaria. Esistono casi eccezionali in cui anche le dimissioni o altre vie diverse dal licenziamento o dal termine del contratto di lavoro, consentono lo stesso di beneficiare della NASPI.

Può essere il caso delle risoluzioni consensuali che però devono provenire da tentativi di conciliazione dopo un tentativo di licenziamento per giustificato motivo. Questa via però può essere adottata solo da lavoratori che provengono da aziende di medio grandi dimensioni, quelle che hanno almeno 15 dipendenti a libro paga. Vale anche per il lavoratore che si licenzia perché ha rifiutato il trasferimento di sede aziendale a più di 50 KM o a più di 80 minuti di strada dalla vecchia sede di lavoro. Il Jobs Act consente di potersi dimettere senza perdere il diritto alla NASPI anche dopo licenziamento tramite conciliazione e risoluzione consensuale se il contratto sottoscritto era a tutele crescenti.

Infine, la NASPI viene percepita anche a seguito di dimissioni che l’Ufficio Territoriale per il Lavoro, il vecchio Ispettorato, ratifichino come per giusta causa. Sono i casi di dimissioni date perché il datore di lavoro non pagava lo stipendio o per qualsiasi altra oggettiva problematica di condizione di lavoro. Il lavoratore dopo aver dato le dimissioni, ne deve dare conto anche all’Ispettorato che valuterà le giustificazioni. La copia della ratifica della giusta causa, deve essere allegata alla domanda di NAPSI ed inviata all’INPS.