Dopo la firma del decreto attuativo dell’APE sociale da parte del Premier Gentiloni, restano da emanare quelli relativi all’APE volontario ed a quota 41. Si tratta delle novità previdenziali introdotte dall’ultima Legge di Stabilità e che come da programma, dovrebbero partire dal prossimo mese di maggio. Le misure sono ormai pronte e non verranno ritoccate in sede di emanazione dei decreti. Le correzioni, se mai arriveranno, dovrebbero essere messe a punto durante i prossimi incontri tra Governo e sindacati, quelli relativi alla Fase 2 di riforma previdenziale.

Per il momento, le misure partono così come sono state approntate dal Governo, ma sono necessari approfondimenti e chiarimenti. In questa ottica, c’è da registrare l’approfondimento relativo all’APE pubblicato dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

Cosa sono APE e RITA

L’APE è l’anticipo pensionistico che si rivolge a soggetti che si trovano ad aver compiuto 63 anni di età, cioè a meno 3 anni e 7 mesi dalla soglia utile per la pensione di vecchiaia come stabilito dalle norme attualmente vigenti. L’APE, nel suo apparato normativo, prevede che ai beneficiari dell’anticipo venga corrisposta una pensione mensile, senza tredicesima, non reversibile e non rivalutabile, calcolata in base ai contributi versati (senza figurativi), alla data di presentazione dell’istanza di certificazione del diritto all’accesso.

La pensione nella versione normale, cioè l’APE volontario, sarà finanziata da un prestito bancario assicurato, con tanto di interessi ed oneri accessori. Terminato il periodo coperto dal prestito, i pensionati dovranno restituire i soldi alla banca con trattenute mensili sulla pensione effettiva e per la durata di 20 anni.

Se nell’APE volontario servono 20 anni di contributi, per l’APE sociale invece ne servono di più.

L’APE sociale è quella che non prevede restituzione del prestito, perché di questo aspetto se ne occuperà lo Stato. Essa però, sembra più vicina ad una misura assistenziale che previdenziale. Infatti, si rivolge a disoccupati che da 3 mesi hanno terminato di percepire gli ammortizzatori sociali, ad invalidi con riduzione della capacità lavorativa del 74% minimo (anche invalidi a carico del richiedente) o a lavoratori impiegati in attività logoranti.

Servono 30 anni per invalidi e senza lavoro e 36 anni per i lavori gravosi.

Chiarimenti necessari

Non tutti i disoccupati rientrano nell’APE sociale e non soltanto per il vincolo dei 3 mesi di assenza di coperture da ammortizzatori sociali. Infatti, sono esclusi i disoccupati che provengono da contratti a termine, essendo il licenziamento il requisito necessario per l’accesso e non semplicemente la perdita del lavoro. Per i lavori gravosi invece, sarà necessario dimostrare di aver svolto tale mansione, in 6 degli ultimi 7 anni di lavoro prima dell’istanza. L’APE volontario, quello che prevede il prestito bancario, non può essere erogato a soggetti con indebitamento sopra il 30% della futura pensione.

In pratica, va controllato lo stato dell’indebitamento relativo ad eventuali mutui, cessioni del quinto e così via. Il calcolo dell’APE sarà fatto alla data di presentazione della domanda di certificazione del diritto e sarà sulla base dei coefficienti di trasformazione vigenti quel giorno.

In definitiva, importanti saranno l'età posseduta per i soggetti con anzianità contributiva dal 1° gennaio 1996 e l’età per la pensione di vecchiaia per i richiedenti con anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. In base all’età di uscita scatterebbe anche la percentuale di APE richiedibile. Infatti, soggetti di età compresa tra i 63 anni ed i 63 e 7 mesi, potranno richiedere il 75% dell’importo di APE spettante il giorno della domanda.

Per lavoratori con età compresa tra i 63 anni, 7 mesi ed un giorno ed i 64 anni e 7 mesi, la percentuale salirebbe all’80%. La percentuale massima spettante sarebbe il 90% che verrebbe concesso a soggetti con età minima di 65 anni e 7 mesi.